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Il contesto territoriale delle tagghjate

Il comprensorio di Monte Belvedere -Sant'Elia-Montedoto nei comuni di San Giorgio Jonico, Roccaforzata e Faggiano

(a cura di: Prof. G.nni Carafa)

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IL TERRITORIO CIRCOSTANTE

La grotta di Sant’Angelo

Ancora più in là, qualche chilometro sulla strada provinciale nr. 110 per Lizzano, svoltando a sinistra e inerpicandosi per la contrada Serra degli Angeli che conduce verso una masseria posta sulla demarcazione d'orizzonte prossima al declivio Sud conclusivo dell'intero rilevo Monte Belvedere-Sant'Elia-Montedoro, località, Canale dei Cupi (Foto nr 65): territorio amministrativo del Comune di Lizzano, è l'ultimo segno concreto della presenza monastico-basiliana in loco. Si tratta di un insediamento in grotta che, per quanto adiacente alla strada di accesso alla masseria, risulta inaccessibile e difficilmente rinvenibile perché nascosto da rovi e ancor più da un rigogliosissimo fico selvatico che dal fondo della grotta ora si apre verso la sovrastante imboccatura . Nel tempo, l'incuria, l'abbandono e il vandalismo hanno fatto perdere ogni traccia mnemonica di tale testimonianza storico-culturale.

Foto nr. 65 -  San Crispieri, Canale dei Cupi, ex cartellonistica turistico-informativa
Foto nr. 65 - San Crispieri, Canale dei Cupi, ex cartellonistica turistico-informativa

ETNO-GASTRONOMIA (Faggiano - San Crispieri)

Corrispondentemente alla piccola estensione del paese, Faggiano vanta almeno due riferimenti di sicura genuinità gastronomica, tanto per la qualità delle materie prime utilizzate che per la semplice e coerente attinenza alla sapiente pratica tradizionale di padronanza del forno rigidamente a legna. Su Via Vittorio Emanuele “Il Gusto della pizza” offre una vasta varietà di opportunità da street-food in un creativo sodalizio con le costumanze culinarie locali, pertanto, focacce caserecce, panzeròtti, pùcce e tanto altro che solamente affidandosi alla fantasia della sempre instancabile e disponibile cortesissima ospitalità della signora Anna può pienamente essere appagato anche il più inaspettato esigente palato; provare per credere. Ma, non è da meno, sempre sulla stessa via, quasi all’uscita del paese , “La Venere”, una focacceria-pizzeria dove lo sfornato, col suo invitante colore dorato di cottura della locale pasta di grano unito al rosso degli onnipresenti pomodori ciliegini pigiati a forza nel tenero dell’impasto, diffonde tutt’attorno una irresistibile fragranza di tempi passati ormai sconosciuta altrove. E anche qui, che dire dell’irresistibile fritto di panzeròtto che da sempre funge da inebriante richiamo dell’occasionale passante; la generosità del condimento e la sua gustosa genuinità danno ragione di ogni scelta.
Sulla strada per San Crispièri, poi, appena fuori dal paese, è ancora un’altra immancabile opportunità, il pane al forno, fatto in casa, così come una volta lo si faceva nella più intima sacralità domestica. E’ un forno a conduzione familiare dove la produzione è veramente esigua, quantitativamente limitata nell’offerta. L’immancabile essenza mediterranea caratterizza di sé il gusto del prodotto.
Nelle campagne circostanti San Crispieri, infine, è il disseminato pullulare di masserìe a farla da padrone, ad offrire quello che nel Comprensorio ormai è da tempo scomparso, la pregiata genuina produzione casearia ovina, una sapiente tradizione, fortunatamente conservatasi, tramandatasi da padre in figlio, che garantisce anche una significativa ricaduta economico-sociale sul territorio. Un mio personale capriccio d’infanzia sicuramente qui ancora una volta potrebbe essere appagato, l’opportunità di gustare, al primo mattino, l’immortale fresca “pampanèdda”; cosa sia, non saprei proprio come spiegarlo, ma di certo so che tanti ricordi e nostalgie convergono in quella umile confezione di pàmpino di fico accogliente questa delicata e candida cagliata che trasmette al palato il selvatico inaspettato ruvido e saporito ritrovato connubio materno di Terra mia!

CONCLUSIONI

In questi territori, come si è detto in apertura, siamo ancora in terra salentina, nel nord-Salento; qui, nei primi anni '60 del secolo scorso era possibile rinvenire nei racconti degli anziani le ultime memorie delle miserie del fenomeno sociale del tarantismo, e della connessa danza taumaturgica de' la pizzica, non anche, qualche sparuta sopravvivenza rituale legata alla cultura Arbëreshe, così, ad esempio, pare essere la devozione a S. Giuseppe lavoratore col relativo culto della tavolata della massa rìzza - un tipo di pasta (oggi, le reginette) condita con corposo sugo e anguille oppure sugo e ricotta - pratica delle piccole botteghe dei falegnami dei paesi d’area, i cui piatti devozionali venivano distribuiti al vicinato. Ancora più significativa, per le sue valenze storico-antropologiche, quasi di rudere rituale, era l’annessa Vàlla di San Giuseppe, la specifica ballata e/o canto serale (“vàlla vàlla di S. Giuseppe…”) attorno ai falò sociali rionali, annuncianti l’uscita dal solstizio d’inverno benaugurante la prossima stagione del rigoglìo e delle messi; una ritualità, questa, evidentemente di origine pagana, accolta poi, nelle proprie pieghe e con i dovuti adattamenti , dal clero.
Nella cultura di questa parte del tarantino è possibile ancora rinvenire retaggi d'una identità che seppur largamente smarrita sopravvive inconsciamente nello spirito sociale delle comunità locali.

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Ringraziamenti:

Mi corre obbligo ringraziare pubblicamente la collega prof.ssa Martina Manconi, del Liceo Artistico Statale “C. Contini” di Oristano, per la sua paziente, qualificata e partecipata disponibilità nella correzione delle bozze di questa Parte Seconda dell’Itinerario Turistico di Viaggio nel Comprensorio delle Tagghjate.
Un immancabile rinnovato ringraziamento, altresì, è dovuto alla dott.ssa Maria Giovanna Davoli, Direttore di queste pagine online della rivista Elicriso.it che ancora una volta, assieme al suo instancabile staff tecnico-redazionale, ha creduto nella bontà delle mie umili fatiche, offrendo prontamente e disinteressatamente ospitalità editoriale alla presente.

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