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Arisaema

Arisaema, coltivazione
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L'articolo è stato redatto da Dario Toffolon, un grande appassionato di piante

gli Arisaema appartengono alla famiglia delle Araceae, sono delle geophyte, ossia producono un organo ipogeo (rizoma, bulbo, tubero, etc.) che consente di immagazzinare risorse energetiche per la sopravvivenza della pianta e permette un periodo latente di dormienza, solitamente nella stagione sfavorevole alla crescita (l’inverno per le piante nei climi montani e continentali, l’estate, spesso torrida, per i climi tropicali).

a questa famiglia appartengono moltissimi generi, taluni, tra i più diffusi nei nostri appartamenti e giardini, che ci donano un tocco di “tropicale”.

vi appartengono , , , Pothos, Monstera, Colocasia, Alocasia, Dieffenbachia, Arum, Amorphophallus, Dracunculus, Sauromatum, Caladium, Zamioculcas e un numero elevatissimo di altri generi.

Fiore di Arisaema

come tutte le Araceae, producono curiose e spettacolari infiorescenze, formate da una spata (una brattea petaloidea, ossia una foglia “trasformata” al fine di rendere più appariscente, grazie a forme e colori, l’insieme, con funzione vessillare, per attrarre gli impollinatori) e da uno spadice (la vera e propria infiorescenza tipica di tutte le araceae, caratterizzata da un “asse” spesso e ingrossato, talvolta cavo, che porta i fiori, prevalentemente unisessuati, secondo le specie, e sessili, cioè privi di peduncolo) contenente i fiori maschili o femminili.

somigliano a piante carnivore e ad un primo approccio lo si può credere, perché nelle loro infiorescenze imbutiformi si introducono soprattutto mosche e altri ditteri (talvolta anche coleotteri) che vi “cadono” letteralmente dentro, imbrattandosi di polline o portando sui fiori femminili, alternativamente presenti nella maggioranza delle specie, il polline accollato ai loro corpi villosi in precedenti visite ad altri Arisaema. questi insetti sono quindi in realtà gli impollinatori che permettono la riproduzione sessuale di queste piante straordinarie e NON il loro cibo.

Arisaema sikokianum
Arisaema sikokianum

GLI ARISAEMA PROVENGONO DA QUATTRO AREE GEOGRAFICHE

  1. dalla zona Himalayana: India, Himalaya (Sikkim, Nepal, etc.) e sud ovest della Cina
  2. dal Giappone
  3. dal Nord America (USA e Canada)
  4. dalle zone tropicali e subtropicali (India meridionale, Thailandia, Malaysia, sud della Cina, etc.)
a parte il quarto gruppo (tropicale), tutti gli altri Arisaema asiatici e Nordamericani sopportano bene climi anche molto freddi d’inverno e freschi e umidi d’estate.

sono piante da sottobosco che bene si affiancano a felci, hosta, hemerocallis, lilium, orchidee di terra, asarum, arum e in genere tutte le bulbose primaverili, ma anche ericaceae come rododendri e azalee, camelie e magnolie, e in generale tutte piante amanti dei suoli tendenzialmente acidi, che con il loro fogliame costituiscono anche un eccellente riparo dal sole, temuto d’estate, e un ottimo pacciame composto dalle foglie cadute nell’inverno.

gli Arisaema himalayani, nordamericani e asiatici sono timidamente apparsi sui nostri mercati (prevalentemente negozi che hanno cataloghi on-linee su internet: ad accezione di due noti fioristi italiani, gli altri sono tutti del mercato anglo-tedesco) a costi inizialmente proibitivi che ora cominciano ad essere più ragionevoli. quelli in commercio sono tutti cultivar allevati da almeno alcuni decenni, discendenti dalle prime raccolte di semi provenienti da botanici e appassionati viaggiatori.

gli Arisaema tropicali sono invece introvabili sul mercato (ho potuto disporre di due differenti specie tramite collezionisti privati). hanno caratteristiche molto particolari, che tratterò individualmente in una scheda successiva tematica.

CLIMA

Sono piante adatte a climi freschi e umidi, alpini (molti provengono dalla catena montuosa dell’Himalaya, altri da paesi del nord America con temperature invernali assolutamente gelide) o continentali. non temono quindi il gelo e possiamo dire che tutti sopportano, se protetti da un buon strato di pacciame, temperature invernali di almeno -15 °C (per molte specie anche oltre).

alla tolleranza del freddo invernale concorrono diversi fattori: la profondità di piantumazione del tubero che deve essere di c.ca 20-30 cm nel suolo (soprattutto per le specie di grande taglia), ossia al di sotto del livello di congelamento, cui però deve esser controbilanciato un notevole drenaggio. infatti, se durante il periodo vegetativo è molto gradito un terreno fertile e umifero, d’inverno il peggior nemico è proprio il suolo impregnato d’acqua che ne provoca il marciume del tubero.

l’ideale è piantare i rizomi in grandi aiuole SOPRAELEVATE (anche di 40 cm) dal livello del terreno, sul cui fondo sarà stata inserita ghiaia e sabbia di fiume, mescolando una miscela di frammenti di lava vulcanica (si acquista da molti fioristi o negozi di acquari), di corteccia di pino, torba, terriccio di foglie, sabbia (non alcalina!) o perlite, e coprendo con un buon stato di aghi di pino o aculei di araucarie: una “zuppa” molto gradita dai miei arisaema perché nutriente, umida ma ottimamente drenante!

d’inverno queste aiuole saranno coperte da un buon strato di pacciame. ottimi allo scopo sono gli aghi e la corteccia di pino, le foglie di acero, faggio e olmo (ossia foglie non affette da malattie fungine: scartare meli e rose, spesso colpiti da molte varietà di funghi nocivi, ma anche castagno il cui tannino rilasciato è in grado di sterilizzare la terra fino a non far crescere più neanche l’erba!).

altra soluzione è piantare i tuberi su delle coste inclinate di terra (come quelle che formano le “terrazze” in montagna), ossia sul fianco sopraelevato di una pendenza (sempre in profondità di almeno 20 cm.), che consentirà il drenaggio del suolo, anche quando fosse costituito da terreno argilloso.

gli arisaema dovranno godere della protezione estiva offerta dalla crescita di alti cespugli (ideali sono la Buddleja davidii, il Philadelphus, camelie, azalee e rododendri), grazie al loro fitto fogliame, e che anche d’inverno (soprattutto le ericacee sempreverdi) offrano un riparo dal vento gelido. la neve e il ghiaccio non sono nemici da temere, semmai sotto il loro manto conservano temperature meno rigide che quelle dell’aria soprastante. la profondità di piantumazione non deve essere eccessiva perché lo stelo fiorale in molte specie non è sufficientemente lungo da … EMERGERE ALTRIMENTI DAL SUOLO! si ha così letteralmente una fioritura SOTTOTERRA, che ovviamente non possiamo apprezzare, ne è utile alla pianta che diviene maggiormente soggetta a marciumi.

non è impossibile allevarli nel Sud Italia o nelle isole ma ciò richiede particolare dedizione e quindi amore per queste creature. durante il periodo vegetativo non tollerano siccità e questo è evidentemente il primo problema da affrontare.

inoltre l’eccessivo calore può indurli ad una germogliazione anticipata, rallentando la crescita, anticipando il decadimento dell’apparato fogliare e quindi lo sviluppo del tubero avviene più lentamente (e di conseguenza diventa più arduo ottenerne la fioritura).

la luce del sole diretta, che solo in ambienti molto freschi (montani) può essere tollerata per qualche ora (al mattino o alla sera) deve essere assolutamente evitata per non provocare gravi ustioni alle foglie.

TERRENO

sono proprio le piante più adatte per ambienti ombreggiati e umosi.

possono crescere anche nei terreni pesanti (argillosi) ma in tal caso è necessario che non vi siano mai ristagni idrici d’inverno, pena la perdita di queste meravigliose creature.

come le orchidee di terra necessitano di terreno tendenzialmente acido o al massimo neutro. assolutamente impossibile crescerli in terreno alcalino e tantomeno in vaso se annaffiati con acqua calcarea.

possono essere coltivati in vaso ma le difficoltà aumentano notevolmente per l’impossibilità di mantenere un equilibrio chimico-fisico adatto alla loro crescita, del terreno. inoltre i vasi debbono esser protetti dal gelo invernale che, sopraggiungendo da tutte le superfici, arriva a danneggiare più facilmente i tuberi.

ideale sarebbe estrarli dal suolo ogni autunno e conservarli in una miscela di torba e sabbia appena umida in… frigorifero, per piantarli nuovamente in primavera.

in questo caso l’uso di vasi in plastica (che non permettono la traspirazione del terreno) comporta la CERTEZZA della decomposizione del tubero, che non può tollerare in alcun modo il ristagno di umidità o condense di vapore caldo nel periodo estivo con fermentazione e “lessatura” di tutto l’apparato radicale.

questa dovrebbe essere una regola per tutte le geofite (bulbose) che soffrono più delle altre piante il vaso in plastica a causa della loro delicata natura.

FERTILIZZAZIONE

deve essere nelle stesse dosi delle orchidee di terra, ossia assolutamente moderata. è sufficiente la decomposizione del pacciame ed eventualmente qualche somministrazione di fertilizzante per orchidee, diluito, solo al termine della fioritura, ossia quando la pianta ha maggiormente bisogno di nutrienti per ricostituire il rizoma (l’apparato vegetativo, come pure l’infiorescenza crescono a spese del tubero) e eventualmente fruttificare, se impollinata. assolutamente da evitare concimi di origine animale (sangue di bue, stallatico e simili), troppo ricchi di azoto, che portano alla decomposizione dei tuberi in brevissimo tempo.

PRINCIPALI SPECIE

Arisaema Thunbergii Urashima

proveniente da Giappone e Corea, piantato con orchidee di terra e trillium, all'ombra di camelie, paeonie e un mirtillo arboreo americano. di media altezza (40-60 cm), è il primo, tra gli arisaema, a spuntare dal terreno ancora "vuoto" della presenza di altre piante. il fiore emerge con l'unica foglia (le altre che si dipartono da terra sono dei numerosi bulbilli che emette nella crescita di anno in anno, così da formare un gruppo numeroso nel tempo) che si apre completamente in un periodo più lungo. se il clima è mite fiorisce già entro febbraio. alla fine di maggio la pianta perde fiore e foglie ed entra in dormienza.

Arisaema Thunbergii Urashima
Arisaema Thunbergii Urashima

a tutti gli effetti il suo ciclo vegetativo coincide con quello di crocus e bucaneve. così il medesimo spazio verrà utilizzato da piante la cui germogliazione e crescita è successiva, con il vantaggio di continuare ad assorbire l'acqua dal terreno. è sempre problematico piantare le bulbose: se da sole (ad esempio in un vaso) al termine del ciclo vegetativo non bisognerebbe più annaffiare per non rischiare di far marcire i bulbi o rizomi. allo stesso tempo si rischia che il suolo dissecchi eccessivamente perdendo le proprietà indispensabili (capacità di trattenere umidità e batteri utili) per la vita delle piante. io consiglio sempre di piantare qualsiasi bulbosa nel vaso di altre piante, meglio se con un ciclo vegetativo successivo al loro. così queste nuove, durante la loro crescita, assorbiranno acqua e nutrienti dalla terra, impedendo ristagni e quindi la marcescenza dei bulbi, ma garantendo al terreno di non perdere le sue caratteristiche di "materia viva" quale è.

Arisaema Sikokianum

che crescono protetti da una Kniphofia Caulescens. anche questa curiosa creatura, di altezza che varia dai 30 ai 60 cm, è tra le prime a crescere e il suo ciclo vegetativo è di appena un mese più lungo dei quello dell'Urashima.

Arisaema Sikokianum
Arisaema Sikokianum

la sua forma, tanto curiosa e particolare, ne fa uno dei più ricercati (e più costosi...). di origine giapponese, nella sua terra d'origine viene chiamato con soprannomi curiosi (come torta di riso, a causa del "pallone" centrale che lo fa sembrare più un originale "cono gelato" che un fiore).

gruppo di Arisaema Ciliatum var. Liubaense

che cresce all'ombra di un rosaio. hanno un fogliame splendido che permane per tutta l'estate. le piante, provenienti dalla Cina, crescono a fine marzo-aprile. è uno dei più alti (supera, nelle piante adulte, il metro di altezza) e dei più prolifici.

gruppo di Arisaema Ciliatum var. Liubaense
gruppo di Arisaema Ciliatum var. Liubaense

riceve senza indugio il polline di qualsiasi altro arisaema con cui si incrocia (per ora non ho foto delle fioriture degli ibridi: non mancheranno gli aggiornamenti...). producono frutti vivacemente colorati che maturano tra settembre e ottobre, formati da migliaia di "chicchi" che contengono alcuni semi ciascuno (vedere le ultime due fotografie).

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