Il lembo delle foglie modificate perde, in tutto o in parte, la sua forma per diventare una trappola che assume la funzione di catturare le piccole prede animali.
Le prede vengono attirate in vario modo (con i colori, con il nettare, ecc) e restano intrappolate nell'ascidio. A quel punto si attivano dei dispositivi atti a dissolverle e ad assorbirne gli elementi che ne derivano.
In genere gli ascidi sono ripieni d'acqua ed il dispositivo che determina la morte e la decomposizione della preda ha un'importanza secondaria (tipico esempio e' la Sarracenia e la Darlingtonia) in quanto molto spesso sia la morte che la decomposizione delle prede avviene ad opera della microflora batterica normalmente presente in queste strutture e non grazie ad enzimi secreti dalla pianta ma per la secrezione di acidi da parte dei batteri acido-resistenti che esse contengono.
Nelle tipiche piante carnivore non si ha una simbiosi con i batteri e la digestione della preda, che e' sempre extracellulare, si ha grazie alla secrezione di enzimi proteolitici animali (pepsine, tripsine) associate per lo piu' alla secrezione di acidi (acido formico).
In alcune piante carnivore la secrezione degli acidi e degli enzimi e' continua mentre in altre la secrezione si ha solo sotto lo stimolo della presenza della preda.
Le piante appartenenti al genere GENLISEA (famiglia Lentibulariaceae) sono chiamate anche "pianta cavaturaccioli".
La particolarità della genlisea sono le foglie modificate a "Y" che permettono l'entrata della preda ma non la sua fuoriuscita grazie a dei peli modificati che sono orientati verso l'interno che permettono alla preda di muoversi solo in una direzione.
Attraverso una sorta di percorso a spirale le prede sono costrette a raggiungere il braccio inferiore della Y dove saranno digerite.
Si pensa che la preda sia anche catturata grazie all'acqua presente nella trappola esercitando una sorta di risucchio simile a quello dell'Utricolaria.