PARLIAMO DEI VECCHI SITI GEOLOGICI PER CONSERVARNE LA MEMORIA
Le tagghjate
Proposta di progetto di intervento di valorizzazione-promozione turistica del bene culturale e ambientale costituito dal complesso di cave di tufo dismesse denominato col termine dialettale di "Tagghjate", situato nel territorio di San Giorgio Jonico (Taranto), a valle del versante ovest del Monte Belvedere estendentesi lungo la S.P. nr.109 San Giorgio Jonico-Pulsano.
A cura del prof. Giovanni Carafa

Tagghjate: Scalinata superstite (particolare)
La suggestione
"Notturno alle Tagghjate" – è questa
la denominazione (3) dell'iniziativa progettuale di promozione che ci si accinge
a proporre con la presente. Ma per fare ciò occorre un fattivo, concreto atto di
fiducia, un pur minimo sforzo possibile connotato da una sicura garantita
ricaduta sul territorio in termini di sviluppoo
turistico-economico-sociale-culturale-ambientale.
Soffermiamoci ora qui, per
un'attimo, su alcune considerazioni circa lo specifico contenuto del valore
Tagghjate.
Conosciamo le Tagghjate (Lettura estetico-formale)
"Nel nostro
discorso (...) il paesaggio 'è lo spazio che si costruisce ad oggetto di
esperienza; ed a soggetto di giudizio. (...) La problematica paesaggistica ha
recentemente spostato il centro d'interesse; si è passati dal paesaggio come
sentimento o come stati d'animo, al paesaggio come scienza e come coscienza del
post-moderno" (4).
Si vuole far partecipare emotivamente e far conoscere,
direttamente in situs, le valenze d'identità di una realtà territoriale che ha
segnato profondamente lo spazio di storia e di vita sociale dell'uomo locale in
una condizione di continuo rapporto di forza con le necessità più immediate del
vissuto quotidiano proprio dell'allora realtà rurale paesana.
Le Tagghjate
sangiorgesi a differenza delle cave di pari tipo site in territori altri,
provinciale e regionale, si caratterizzano per le seguenti proprie specificità.

Tagghjate: Crolli (particolare
Struttura esterna e di contesto
a) Il paesaggio
Presentano un andamento lineare.
Estendendosi a valle del Monte Belvedere riprendono, di necessità, la relativa
caratteristica strutturale-formale con un impatto visivo quasi nullo mentre al
loro " interno" celano gelosamente percorsi paralleli poi riccamente
articolantisi in un sistema labirintico di interconnessioni trasversale.

Tagghjate: Ntàcche (particolare)
I
"fronti" (le superfici di scavo) si adagiano al versante collinare – quello che
guarda a tramonto verso Taranto - secondo una successione "a gradoni", quasi un
entrare "discretamente" nel ritmo progressivo del sovrastante valore
altrimetrico assecondandone la naturale dolce modulazione della demarcazione
dell'orizzonte . Una cadenza, questa, che si riverbera ulteriormente nel
sovrastante incedere del caseggiato paesano a masse cubiche bianche – molto più
appariscente in passato. Oggi, pur in presenza di una forte realtà costituita da
nuovi corpi di fabbrica e materiali da costruzione dal significativo impatto
visivo, si provi ad osservare lo scenario paesaggistico dalla di lì vicino
frontale Contrada Baronia (S.P. 110) - la trasversale che unisce la zona
industriale del paese a quella di Faggiano e al successivo innesto con la già
citata provinciale Sangiorgio-Pulsano.
Valori espressivo-formali
La ricca e
complessa gamma tonale delle superfici dei fronti-gradino generata dal loro
diverso orientamento espositivo alla fonte luminosa naturale e dall'ardito
movimeto plastico-volumetrico sostenuto dalle qualità materiche proprie della
roccia nonchè dalle connotazioni di tinta (gamma dei bruni e ocra) dei depositi
di dilavaggio del sovrastante humus conferisce all'immagine del paesaggio una
forte unitaria nota pittorico-compositiva che si esalta nelle prime ore
pomeridiane e al tramonto, ma, segnatamente, nei meriggi estivi.
La tavolozza
naturale
Di immediato corollario, al pari, è la complementare tavolozza della
vegetazione spontanea di fondo nelle sue infinite variazioni stagionali (giallo
oro, verde vescica/ cinabro, quindi, bruni) e negli immancabili iridescenti
massimi partiti luminosi, il tutto modellato in un dolce adagiarsi sugli ampi
spazi di manto collinare. Le presenze di sterpi e arbusti propri della macchia
mediterranea segnano qui e là un naturale ritmo vitale.
Tagghjate: Grotta Mitragliata (esterno)
Le evidenze antropiche
Le residue colture (mandorleti, ficheti, uliveti ma anche recinzioni a fico
moresco) connotano di sè la presenza di un ieri senza più un oggi,
un'impressione, questa, ulteriormente assecondata dalle delimitazioni murarie a
secco e dalla timida presenza di ruderi poderali ora su una prominenza del
terreno ora vagamente emergenti tra schermi rami. Ed ancora, terrazzamenti di
lavoro, qui e là nude macchie di terra rossa, rocce e immancabili pietraie ma
anche le movimentazioni ultime dell'uomo contemporaneo.
Struttura interna
b) Tra
scenico ed immaginario
Presentano uno scenario filmico, un vero percorso da
canyon. Nella proposta progettuale uno degli originari tratturi principali di
lavoro, quello oggetto dell'intervento stesso, all'occasione si snoda in di lì
poco lontane varie significative presenze signiche – grotte, cave a pozzo,
residuati complessi murari che con i propri vari imprevedibili sostenuti scorci,
volumi e movimentazioni plastico-chiaroscurali, ora a luce radente, ora diretta,
ora in una improvvisa cupa assenza della fonte luminosa rimandano inevitabile ad
uno spontaneo salutare immaginario individuale non meno suggestivo delle
migliori macchinazioni sceniche hollywoodiane. Un immaginario che si fa carico
di un'immediata sopraggiunta esigenza del riguardante di cercare dentro di sè un
intimo momento intervallare, di pausa, di riflessione: un'ineludibile
necessità-desiderio di conoscenza, approfondimento di quanto il dato percettivo
immediato registra.
Le tagghjate: Linografia
L'immagine dello spazio
Il "percorso" sottopone spesso
l'osservatore ad un'inconsapevole diversa fruizione dell' immagine spaziale; il
continuo spostamento del "punto di vista" che dalla situazione consuetudinaria
passa inaspettatamente ad una veduta dall'alto, poi dal basso e di sbieco, offre
in una breve esperienza percettiva una realtà plurima, eppure così unitariamente
coerente nella dimensione spazio-temporale esigendo, ancora una volta, la
necessità di una riorganizzazione cognitiva, di sostenere una forte connotazione
immaginifica (un'esperienza insolita della sensibilità spaziale che rimanda
direttamente ad un'inevitabile espressione interiorizzata di giudizio
valoriale).
Un costanza d'indizio spazio-direzionale è presente, inoltre, nel
gradiente di marcature lineari parallele orizzontali metrico-cadenzate di scavo
che interessano tutte le pareti nel mentre queste passano continuamente da
accese luminosità a profonde e inquietanti ombre per poi prontamente rimodularsi
nelle diverse terxtures signiche delle tracce di scavo dell'onnipresente
ritualità ritmica del piccone (zzuèccu) nel suo diverso darsi, ora frontale, ora
laterale dx ovvero sx, con la vòcca crànne o con la piccènna.
Anche qui, ma in
modo più segnato, le immancabili e articolatissime calde connotazioni ocra
dipingono di sè il bianco candore della superficie tufacea a seconda della
diversa insistenza dei continui dilavaggi del sovrastante humus collinare.
La
firma connotativa
Il dato visivo si unisce alle ardite e variegate evidenze
tecnico-costruttive apprezzabili tra gole, letture improvvise di date, nomi,
frasi echeggianti un sotteso senso di "valetìa", di presenza, di testimonianza
indelebile del duro esserci.
La traslazione semantica e l'estraneazione
Si è
continuamente colti in uno spostamento semantico che prontamente chiede, di
necessità, essere conosciuto; spazio in negativo e spazio risparmiato convivono
nella loro incessante alternanza dialettico-formale; espedienti
tecnico-statico-plastici (contrafforti murari) e piccoli muretti a secco di
contenimento di improbabili materiali friabili e, ancora, qui e là, le
immancabili ntàcche - fori paralleli quadrangolari, ergonomicamente cadenzati,
di ausilio ad una eventuale arrampicata di lavoro sulle nude ed irte pareti
tufacee. Ma, anche, la presenza di vere e proprie scale scavate direttamente
nella roccia quali ausilio alle occasionali opportunità di una più agevole
pronta risalita/discesa, ad esempio, da una cava -ipogeo (grotte: “1950” e
“Chiàpparo”).
Delle riappropriazioni di natura
Oggi la natura ha ripreso
costellazioni compositive con la presenza di imprevedibili varietà di essenze
tipiche della macchia mediterranea (cisto, mirto, timo, origano selvatico) e
specie arboree di attecchimento spontaneo (fico selvatico, perastro, olivastro,
carrubo); un tocco, questo, spesso nascosto e integrato in un sorprendente
indistricabile connubio, quasi a rammentarci che essa - la natura - esiste
ancora, è ancora lì, tutta presente, con la sua incontenibile voglia di vivere.
E' così, allora, che è possibile persino rilevare l'insolita coalescenza di un
albero che dal fondo di una cava-ipogeo (Grotta: Chiàpparo) prende la via per
l'originaria unica apertura di scavo della volta: è inimmaginabile la
descrizione che se ne può fare nell'apprezzamento del diverso susseguirsi delle
ricorrenze stagionali.
Cromatismo vegetale e paesaggio
La variegata gamma
cromatiche della "macchia", specialmente nelle sue tonalità grigio-terra
(grigio-argento, grigio-verde, ocra rossa, finanche la presenze di fosforescenze
mini-floreali gialle ovvero rosso carminio o vermiglione), arricchisce
ulteriormente la tavolozza paesaggistica.