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La forza dei piccoli grandi passi: la transumanza ieri e oggi

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« [...] Circa al principio di questo autunno 2013, un giorno durante il pranzo in casa , la figlia Antonella che era con noi unitamente a Claudia sua figlia mi chiese di raccontarle qualcosa, per iscritto sul mio passato. Dopo averci pensato un poco ritenni che Antonella aveva tutte le ragioni della sua richiesta e decisi di risponderle positivamente e così nacque l’idea di scrivere “I ricordi della mia vita”, ai miei figli, avendo poi tutti espresso lo stesso desiderio. A questo punto ovviamente cominciai a pensare su cosa dovevo raccontare ed in che modo, trattandosi di cosa lunga e seria. Ma poi riflettendoci ho deciso di raccontare nel mio solito modo i fatti accaduti così come li ricordo, lungi da ogni paradosso [...].

A primavera facemmo la visita al santuario dell’ Incoronata e tornammo in montagna. Mi sfugge di ricordare con precisione l’accoppiamento degli anni e stagioni con le campagne e i monti, dove abbiamo condotto l’azienda in 4 o 5 anni, ma penso che nell’ ordine il primo inverno l’abbiamo trascorso in una campagna detta delle Murge, vicino a un paese detto Gravina di Puglia, in cui si pascolano gli armenti per la maggior parte i pascoli pietrosi, pietre che uscivano dal terreno in forma quasi aguzza e successivamente in altra campagna che non ricordo. Poi per 3 anni di seguito nel comune di Manfredonia (Fg) a Posta Rosa o Giudea, una campagna dove eravamo stati anni a dietro. Ormai ero un giovanottino e Posta Rosa mi piaceva ancora di più; in autunno, quando si arrivava, si faceva per così dire, una scorpacciata di fichi d’ India e c’era tanta altra frutta a nostra disposizione che non potevamo finirla; e i pascoli erano ampi e comodi. Fatto lo svezzamento dell’allattamento degli agnelli, si faceva la mungitura delle pecore, in un angoletto detto guado, perché l’animale si doveva mettere in un punto stretto e sottostare alla mungitura. I mungitori, me compreso, erano parecchi, a seconda delle necessità; delle volte anche una decina; la mungitura durava circa 2 o 3 minuti. La mungitura avveniva facendo scendere il latte dalle mammelle , spremendole con le mani in un tino di legno di circa 15 o 20 l, poi l’animale passava in un altro recinto tranquillo. Dietro al guado ci doveva essere sempre una persona per spingere le pecore ad entrare; la mungitura si faceva mattina e sera e così pure la confezione di prodotto; il raccoglimento della ricotta era diverso da quello per il formaggio, perché mentre la cagliata veniva triturata e lasciata depositare, la ricotta proveniva dal così detto latte “scasciato” ossia dal siero di latte ed una volta cotta non si triturava masi raccoglieva direttamente con un grosso cucchiaio e messa in fiscelle di giunco; le fiscelle si mettevano su un tavolo in pendenza per la raccolta del siero di seconda produzione che era ottimo cibo per i cani , qualche volta arricchito con crusca o sfarinati integrali. I miei fratelli Giuseppe ed Achille erano diventati campioni nella confezione dei prodotti, dato il lungo lavoro che avevano fatto in parecchi anni, così anch’ io cominciai a prendere parecchia pratica. In questi anni la nostra azienda fece un notevole sviluppo in prodotti e capitale ovino [...].

La transumanza e il tratturo

Avevamo una decina di cani pastori: Tancredo, Orlando, Corsaro, Lilla, Comizia ed altri, il più grande ed anziano, Tancredo, era un fenomeno per l’odo¬rato, d’estate sui monti era sempre con il naso in alto per odorare la vicinanza dei lupi, di cui era grande conoscitore e gli altri lo litigavano, come se tra essi e Tancredo ci fosse una grande invidia, Una mattina d’aprile lo ritrovammo morto di vecchiaia sotto il carretto, con grande dispiacere di tutti [...].
Passato l’inverno a primavera facemmo una bella visita al santuario della Madonna Incoronata e alla fine di maggio tornammo in montagna e così gli altri anni. Nel 1938 invece che in Puglia andammo nelle campagne romane a trascorrere l’inverno, vicino Cisterna, una grande campagna dove io feci il casaro, cioè mi occupavo della confezione del formaggio e della ricotta. In pratica si versava il latte, circa 150 l , in un grosso recipiente di ferro, chiamato il caldaio e si riscaldava a circa 142 gradi e vi si versava il giusto quantitativo di caglio nell’ultima parte di stomaco dei ruminanti si trova un liquido detto caglio, che fa aggregare i reticoli di caseina del latte) e si metteva a riposo dopo averlo agitato bene per 15-20 minuti fino a quando non diventava cagliata.
Con lo stesso bastone con cui si era mescolata la cagliata , si continuava a mescolare per formare nuovamente cagliata; poi con le braccia nude immerse nel fondo del caldaio si stringeva il granellato per poi tirarlo fuori a pezzi di diversa grandezza e metterli in fiscelle di giunco o in cerchi di legno, a secondo che si trattasse di formaggio romano o pugliese. Io allora avevo 19 anni ed era giusto affidarmi tale mansione essendo un lavoro importante e responsabile per la riuscita del prodotto. Prima di ripartire per l’Abruzzo facemmo la visita al santuario del Divino Amore . A quell’epoca si cominciarono a vedere le prime automobili, di recente costruzione [...]».

Rocco di Matteo, I ricordi della mia vita, febbraio 2014, pubblicato in proprio. Rocco di Matteo è nato a Macchiatornella di Cortino (TE) il 15 giugno 1918 es è arzillo e pieno di voglia di vivere. Mio padre. Seguono alla pagina 6 foto e disegni delle memorie /p>

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