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Le stragi preistoriche

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Nel numero precedente ho affermato che i nostri antenati preistorici compivano malefatte ecologiche quanto ed in qualche caso più dei nostri contemporanei. In questo numero vedremo un "caso" di quel genere, quello dei Clovis.

L’evoluzione contemporanea e negli stessi luoghi di più specie normalmente fa sì che alcune di esse evolvano caratteristiche corrispondenti all’evoluzione delle altre; così, se il ghepardo diventa più veloce, anche le sue abituali prede tendono a migliorare la velocità, per selezione naturale. Succede proprio questo in Africa, tra le specie Homo e le sue prede: queste evolvono strategie difensive, mentre Homo affina le sue abilità di cacciatore. Così, l’unico continente in cui le specie di grandi animali non si sono estinte in massa, negli ultimi cinquantamila anni, è proprio l’Africa, quello in cui Homo vive da più lungo tempo .

Prima quelli grandi e lenti

Dove Homo sapiens arrivò improvvisamente, i primi a farne le spese furono gli animali di grossa mole e poco veloci. Il bradipo gigante, che qui vediamo afferrare un albero (dipinto a sinistra), pesava fino a quattro tonnellate. Il gliptodonti (ricostruzione in basso) in qualche caso avevano la mole di una Fiat 500; la loro corazza evidentemente non bastò a proteggerli dalle armi dei nuovi venuti. Ambedue probabilmente erano molto lenti: l’ideale per essere trasformati velocemente in grandi arrosti. Le ossa e le corazze però sono giunte fino a noi, e le possiamo vedere nei musei (foto al centro).

Le stragi preistoriche
Le stragi preistoriche

Dove l’evoluzione non è avvenuta in parallelo, l’arrivo improvviso di cacciatori molto abili avrà conseguenze molto più disastrose, per le prede più ambite. La maggior parte delle estinzioni si sono verificate prima di qualche migliaio di anni fa, ad opera di popolazioni che usavano archi, frecce e lance. Al paragone le estinzioni moderne (almeno di grandi animali) sono certamente meno numerose, e non perché i moderni siano cacciatori più saggi: semplicemente non hanno avuto a disposizione altrettante grandi specie da distruggere. Qualcuno pensa che la strage sia stata praticamente globale; gli indizi non mancano: i primi vengono scoperti in Nord America. A partire da circa 12.000 anni fa, in un periodo che dura poco più di mille anni, tre quarti dei grandi mammiferi del Nord e del Sud America spariscono. Molti puntano l’indice sui Clovis, il popolo cui probabilmente si deve la prima significativa presenza umana nelle Americhe. Il racconto che viene fuori da alcune ricerche sui Clovis è uno degli esempi più significativi dell'influsso che la nostra specie ha sulla natura, e ci aiuterà a capire quanto è avvenuto in passato un po’ dappertutto.

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I Clovis

I Clovis prendono il nome da una località statunitense del Nuovo Messico, in cui nel 1927 per la prima volta furono scoperte tracce della loro cultura. Il marchio identificativo di questa sono punte di lancia molto sofisticate; le loro punte litiche infatti sono molto grandi (fino a quasi trenta centimetri di lunghezza), e all'estremità che sta verso l’asta dell’arma sono sagomate a forma di larga V invertita. Quella sagomatura serviva per facilitare il fissaggio della punta all’asta.

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Lance per caccia grossa

Con punte di lancia di questo tipo i Clovis probabilmente cacciavano grandi animali: mammut, mastodonti, cammelli, cavalli, orsi delle caverne, bisonti, yak, bradipi giganti, gliptodonti. Le punte non dovevano rompersi, quando venivano brandite con forza dentro al ventre delle prede. Infatti, erano preziose, ed era importante recuperarle intere.

Resti della loro cultura sono stati trovati in varie località, in quasi tutto il Nord America; le datazioni dei reperti vanno sistematicamente da 11.500 anni fa per i siti Clovis del nord ovest americano, fino a qualche centinaio di anni dopo, per i siti del sud est del continente.

Si ritiene che venissero dalle terre siberiane; raggiunsero il Nord America dall’unica strada possibile, passando attraverso la Beringia, la terra oggi coperta dal mare di Bering, che in quel tempo era un istmo asciutto e collegava la Siberia orientale all'Alaska. Si pensa che un po' prima di 11.500 anni fa si fosse formato un corridoio privo di ghiacci, che collegava la Beringia alla zona in cui oggi si trova Edmonton, nello stato canadese dell’Alberta.

Quel corridoio costituiva una possibile via di transito tra due grandi masse ghiacciate.

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Il corridoio

La figura abbozza la situazione del territorio della Beringia e di parte del Nord America attorno a 11.000 anni fa. Le due grandi masse ghiacciate sono indicate con i loro nomi: Cordilleran e Laurentide; le frecce rappresentano la migrazione dei Clovis attraverso il corridoio libero dai ghiacci.

La presenza di Sapiens nell’est della Siberia è provata da reperti vecchi di almeno 20.000 anni; ventimila anni fa l’ultima glaciazione era quasi al suo culmine, e sarebbe proseguita, sia pure diminuendo gradualmente di intensità, fino ad oltre il tempo in cui la migrazione dei Clovis ebbe luogo. Data la grande scarsità di precipitazioni, quelle terre erano sgombre dal ghiaccio, ed erano ricoperte di erbe ed arbusti adatti ad un clima arido e freddo. In quelle condizioni, che pure a noi sembrano proibitive, alcuni grandi animali erbivori riuscivano a sopravvivere. Probabilmente c’erano solo animali molto grandi, in quella zona della Siberia: quelli piccoli o di media grandezza non potevano vivere a quelle temperature senza raffreddarsi troppo. Certamente c’era il mammuth, ed era forse l’animale più diffuso; forse qua e là c’erano il bue muschiato, il rinoceronte lanoso, il bisonte, l’orso grizzly.

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Mammut sotto la neve

Col suo grande corpo, il mammut non temeva certo il freddo, purché avesse sufficiente foraggio di cui nutrirsi. Questo sembra a suo agio sotto un' intensa nevicata; ma non è in Siberia: l' ho colto appena fuori del Museo di storia Naturale di Parigi.

Più sotto, è raffigurato un suo compagno di sventura, che sparì dal Nord America nello stesso periodo: il mastodonte.

Per Sapiens in quell’ambiente la caccia non era un optional, ma era l’unica possibile strategia di vita. La raccolta di vegetali e di frutti spontanei, ammesso che ce ne fossero di adatti alla sua alimentazione, poteva contribuire al sostentamento solo durante i mesi estivi. Certamente doveva sapere come difendersi dal freddo, e quindi coprirsi con le pellicce dei mammiferi disponibili, costruire ripari, governare e produrre a volontà il fuoco. Ma più di tutto doveva essere un ottimo cacciatore ed avere armi adeguate a grandi prede, oltre ad astuzia e coraggio.

Basta osservare le punte di lancia dei Clovis, che probabilmente derivano da quei popoli siberiani, per rendersi conto di come quelle punte fossero in pratica il massimo che si può ottenere con una tecnologia litica, dovendo produrre un’arma in grado di abbattere un animale grande come ad esempio un mammuth.

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Possiamo immaginare che quelle lance non venissero solo scagliate, per ottenere quella forza di penetrazione, ma che venissero brandite con forza dentro al ventre delle prede, quindi da distanza pressoché nulla. Un rischio così grande si spiega con una ragione assolutamente probabile: quelle prede erano vitali, per quelle popolazioni; senza di esse non avrebbero potuto sopravvivere.

In quei climi freddi, un pachiderma abbattuto poteva fornire cibo per più di un mese a tutto un gruppo di Sapiens. Un'esistenza estremamente dura, comunque, sempre in bilico tra la vita, l'assideramento e la fame. Quelle asprezze con ogni probabilità modellarono una cultura che aveva come massimo valore la grande preda, una cultura che non poteva dedicare tempo ed energie al superfluo. Quelle popolazioni vivevano per cacciare, proprio perché la caccia era l'unico mezzo per sopravvivere, e probabilmente si spostavano più o meno continuamente, alla ricerca di zone più ricche di grande selvaggina.

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Bibliografia

  1. Sui Clovis, la loro cultura, e l’Ipotesi Overkill,cioè l’ipotesi che a provocare l’estinzione dei grandi mammiferi nordamericani sia stato quel popolo, vedere:
    • Prehistoric Overkill, di Paul S. Martin, fa parte del volume Quaternary Extintions, a Prehistoric Revolution, edito da Paul S. Martin e Richard G. Klein, col contributo di vari autori; University of Arizona Press, 1995;
    • Overkill, in The End of Evolution, Peter Ward. Bantam Books, New York, 1994;
    • The Call of Distant Mammoths, Peter Ward. Copernicus by Springer-Verlag, New York, 1997;
    • Peopling the New World, in Timewalkers; Clive Gamble. Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, 1994;
    • Human Impacts of the Past, in The Sixth Extinction, Richard Leakey & Roger Lewin. Doubleday, New York, 1995. Pubblicato come La sesta estinzione. La complessità della vita e il futuro dell’uomo, da Bollati Boringhieri, 1998.
  2. Sull’evoluzione del cavallo, vedere: Fellow Creatures, in The Day before Yesterday; Colin Tudge. Jonathan Cape, Londra, 1995.
  3. Sulle oscillazioni climatiche nell’era glaciale, vedere: The Ice Age World, in In Search of the Neanderthals, Christopher Stringer & Clive Gamble. Thames & Hudson, New York, 1993.

Note

Paul Martin si è servito di un modello appositamente realizzato per simulare su computer l’avanzata di una popolazione che si trovi nelle condizioni dei Clovis, e la densità dei grandi mammiferi che quella popolazione cacciava. Alcuni dei dettagli della storia dei Clovis narrata in questo articolo derivano dai risultati ottenuti con quel modello.

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