Mito della nascita del mondo
Il regno di Zeus
Il regno di Zeus
Testa di Zeus detta di Otricoli
Copia di originale greco (IV secolo a.C.), Musei Vaticani, Roma (Italia)
REGNO DI ZEUS
Zeus, dopo la sconfitta del padre Crono e avere precipitato gli alleati del padre, i Titani, nel Tartaro, regnava sereno sulla stirpe divina e sugli uomini.
Scriveva Omero (Iliade, VIII, 3 e sgg.):
«Su l'alto Olimpo il folgorante Giove
Tenea consiglio. Ei parla e riverenti
stansi gli Eterni ad ascoltar: M'udite
Tutti ed abbiate il mio voler palese;
E nessuno di voi, nè Dio nè Diva,
Di frangere s'ardisca il mio decreto;
Ma tutti insieme il secondate...
...degli Dei son io
Il più possente...».
In realtà però, una nuova minaccia si affacciava all'orizzonte che avrebbe portato Zeus a intraprende un'ennesima lotta contro un temibile nemico: Tifone.
ZEUS CONTRO TIFONE
Gea che non sopportava l'idea che i suoi figli, i Titani, fossero stati imprigionati nel Tartaro da Zeus, si recò in Cilicia, da suo figlio Tifone (o Tifeo) padre di tutti i venti funesti e dei mostri più terribili (1) che aveva generato dopo essersi unita al Tartaro, al quale chiese aiuto per muovere guerra contro Zeus.
Tifone, la cui statura non aveva eguali sulla terra in quanto non c'era monte che lo eguagliava in altezza e con le sue cento teste che sputavano fuoco e reso ancora più orribile dall'ira che lo animava, salì sull'Olimpo per battersi contro gli dei. La sorpresa e lo spavento fu tale che gli stessi dei, dopo essersi trasformati in animali (Apollo in corvo, Artemide in gatta, Afrodite in pesce, Ermes in cigno, ecc.), scapparono nel lontano Egitto lasciando da solo Zeus ad affrontarlo.
Il combattimento fu lungo. Zeus dapprima iniziò a scagliare le sue folgori, poi, mano mano che Tifone si avvicinava, lo colpì ripetutamente con la falce. Il mostro sembrava vinto ma quando Zeus si avvicinò per scagliare il colpo mortale, fu afferrato dalle gambe di Tifone e immobilizzato. Tifone fu rapido a strappargli la falce con la quale gli recise i tendini delle mani e dei piedi.
Zeus era vinto.
Tifone decise quindi di nascondere Zeus in Cilicia, rinchiudendolo in una grotta chiamata Korykos (il "Korykos antron", che vuol dire "sacco di pelle") mentre i suoi tendini, deposti in una sacca di pelle d'orso, li affidò alla custodia della dragonessa Delfine, metà fanciulla e metà serpente.
Il suo destino sarebbe stato segnato se Ermes, figlio di Zeus, ripresosi dallo spavento decise di reagire. Rubò la a Delfine e trovata la grotta dove era stato imprigionato il padre, lo liberò e lo curò rendendolo nuovamente forte e potente.
Zeus, iniziò allora una nuova aspra e dura lotta contro Tifone, che riuscì a sconfiggere scagliandogli addosso l'isola di Sicilia (secondo altri l'isola di Ischia) e a imprigionarlo sotto il monte Etna, dove ancora giace. Narra la leggenda chele eruzioni del vulcano altro non sarebbero che le fiamme scagliate da Tifone per la rabbia di essere stato vinto.
Narra Ovidio nella Metamorfosi (V. 346-358): «(...) la vasta isola della Trinacria si accumula su membra gigantesche, e preme, schiacciando con la sua mole Tifeo, che osò sperare una dimora celeste. Spesse, invero, egli si sforza e lotta per rialzarsi, ma la sua mano destra è tenuta ferma dall'Ausonio Peloro, la sinistra da te, o Pachino; i piedi sono schiacciati dal (Capo) Lilibeo, l'Etna gli grava sul capo. Giacendo qui sotto, il feroce Tifeo getta rena dalla bocca e vomita fiamme. Spesso si affatica per scuotersi di dosso il peso della terra, e per rovesciare con il suo corpo le città e le grandi montagne. Perciò trema la terra, e lo stesso re del mondo del silenzio teme che il suolo si apra e si squarci con larghe voragini».
Dopo questa ennesima lotta sostenuta da Zeus, seguì un nuovo periodo di tranquillità. Gli dei fecero ritorno all'Olimpo dove Zeus aveva stabilito la loro dimora.
Ma una nuova minaccia si profilava all'orizzonte perchè Gea continuava a tramare contro Zeus.
ZEUS CONTRO I GIGANTI
Gea, si era recata infatti a Pallade, dove avevano dimora i Giganti, suoi figli generati con Urano. A essi chiese aiuto per muovere guerra contro Zeus. I Giganti, accosentendo alla richiesta della madre, forti anche della profezia secondo la quale nessun immortale sarebbe stato in grado di batterli, guidati da Porfirione, il più forte tra loro e da Alcioneo, si recarono nell'Olimpo e iniziarono quella che gli storici chiamarono GIGANTOMACHIA.
La profezia della loro invincibilità nei confronti degli immortali era nota anche a Zeus, pertanto lo stesso decise di far partecipare alla lotta, oltre a tutti gli dei, anche il mortale Eracle (noto anche come Ercole), suo figlio, generato assieme ad Alcmena.
Scena della Gigantomachia - Vaso attico a figure rosse
Istituto Archeologico germanico, Roma (Italia)
Scena della Gigantomachia -vaso attico a figure rosse
Istituto Archeologico germanico, Roma (Italia)
Racconta Apollodoro (Biblioteca, I, 6): «Questi (Eracle) scagliò un dardo contro Alcioneo, ma il gigante non potendo morire nella terra dove era nato, fu da Atena tratto fuori di Pallade, e solo così potè essere ucciso. Porfirione mosse contro Eracle ed Era, ma Zeus lo fulminò ed Eracle lo uccise colpendolo con una saetta. Apollo colpì Efialte con una freccia all'occhio sinistro; Dionisio uccise col tirso Eurito; Ecate colpì con le fiaccole Clitio, mentre Efesto rovesciò su di lui masse metalliche incandescenti; Atena fece precipitare la Sicilia su Encelado che fuggiva; Poseidone scagliò su Polibote, che era riuscito a sfuggire a Coo, la parte dell'isola detta Nisiro, dopo averla spezzata con il tridente; Ermete, con l'elmo di Ade, uccise Ippolito; Artemide trafisse Grazione; le Moire uccisero Agrio e Toone; Zeus fulminò gli altri, ed Eracle colpì tutti con le frecce».
I Giganti, illustrazione di Gustave Doré (1832 -1883)
Alla fine i terribili Giganti furono vinti e gli antichi per spiegare la causa dei terremoti, immaginavano i Giganti sprofondati nelle viscere della terra, schiacciati da montagne e isole e i loro tentativi di liberarsi sarebbero la causa dei terremoti.
Zeus, signore degli dei e dell'Universo, riprese così a regnare dall'alto dell'Olimpo, come ci narrano le leggende tramandate dai nostri antichi.
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Pagine
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Note
(1) I figli di Tifone furono La Sfinge, Orto, Leone, Nemeo, Cerbero, l'Idra di Lerna e Chimera.
Fonti bibliografiche
I testi che usiamo per scrivere i nostri articoli di mitologia li puoi trovare a questa pagina.