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Arte tintoria in Sardegna: la tradizione della tintura naturale

Come è nata e si è sviluppata l'arte tintoria in Sardegna tra conquiste e vecchie tradizioni alla ricerca della tintura naturale.

Arte tintoria in Sardegna: la tradizione della tintura naturale
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IN QUESTO ARTICOLO PARLEREMO DI:

CENNI STORICI SU COME È NATA L'ARTE TINTORIA IN SARDEGNA

Prima di affrontare il tema della colorazione dei filati di origine naturale o arte tintoria in Sardegna, torniamo indietro nel tempo per risalire alla produzione della materia prima con la quale si dava colore agli stessi filati. Ricordiamo che la produzione iniziò nel neolitico o età della nuova pietra che va dall' 8000 al 2800 a. C. periodo in cui andavano diffondendosi contemporaneamente l'agricoltura e l'allevamento. Queste attività permisero nel susseguirsi degli anni, la produzione dei filati sia di derivazione animale come la seta (6000 a. C), la lana caprina e ovina ( 3000 a. C), il bisso marino (301 d.C.) o vegetale come il lino (30.000 a. C), la canapa (11.000 a. C) il cotone (3000 a. C).

Nel periodo che va dal 3000 a. C. in poi, per merito dei cretesi, vennero importate in Sardegna alcune delle piante più interessanti e largamente utilizzate nell'arte della colorazione di filati e tessuti.

La tecnica tintoria già nel secolo scorso vantava l'utilizzo della stessa risalente a molti secoli prima più precisamente alle tecniche puniche e romane.

Tra le piante tintorie utilizzate in Sardegna ricordiamo la Rubia peregrina e il ligustro per ottenere il rosso, lo zafferano e la corteccia di melograno per ottenere il giallo, l'Alkanna per ottenere il rosso violaceo, e non solo. Importante ricordare anche l'utilizzo della corteccia di noce per ottenere a esempio il nero tipico del vestito sardo maschile.

Nel XVIII sec. ci fu chi cercò o tentò di far sopravvivere la Sardegna dal suo stato di declino e arretratezza. A tal proposito ricordiamo due grandi esponenti delle corti reggenti:

Giovanni Battista Lorenzo Bogino (1701-1784) ministro per gli affari in Sardegna il cui operato durò finchè visse la corte di Carlo Emanuele III, periodo poco fiorente per la Sardegna, che andava vivendo uno stato di arretratezza economica e sociale. La morte di Carlo Emanuele III segnò la fine del lavoro del Bogino, infatti con la successione di Vittorio Amedeo III il Bogino venne allontanato dagli affari di stato.
Giovanni Maria Angioy (1751-1808), rivoluzionario, politico e funzionario del regno di Sardegna, considerato patriota dell'autonomismo e indipendentismo sardo, contrario ai domini coloniali, grande sostenitore dei privilegi feudali.
Telaio orizzontale

I due, furono sostenitori per l'importazione e la coltivazione delle piante tintorie in Sardegna. Ritroviamo per l'appunto la coltivazione delle piante tintorie della robbia e dell'indaco. L'indaco veniva coltivato nel territorio algherese dove nacquero delle imprese, la cui produzione passò dall'essere fiorente a un rapido declino dovuto all'abbandono delle piantagioni. Mentre la robbia ebbe più fortuna perchè coltivata fino a tutto il XVIII sec. Altre coltivazioni di piante non ebbero grande successo (ricordiamo tra le tante, quella dello zafferano il cui colore, una volta estratto,veniva utilizzato per la colorazione di tessuti per gonne e per le bende di lutto).

Agli inizi del XIX sec. l'utilizzo di coloranti naturali andò diminuendo perchè vennero sostituiti dai colori sintetici, più pratici perchè gia pronti, ma svantaggiosi se ci si immerge su questioni di inquinamento ambientale. Oggigiorno sono veramente pochi i tintori sardi che continuano a utilizzare colori naturali per tingere tessuti e filati con metodo tradizionale antico. Gli anziani, custodiscono gelosamente le ricette tramandate per tingere le loro preziose lane, sete, lino e canapa, e lo fanno solo in ambito e uso familiare.

Queste materie prime, venivano prima filate per poi essere lavorate attraverso i telai verticali (i primi ad apparire storicamente) e quelli orizzontali, riproducendo attraverso la loro tessitura tematiche attinenti alle varie e differenti tradizioni di ogni paese e città della Sardegna.

L'ARTE TINTORIA OGGI IN SARDEGNA

Tutt'oggi non esiste certezza di cosa realmente appartenga a ogni città o paese sardo per via di tutte le invasioni e i domini avvenuti durante i secoli addietro che hanno influenzato le nostre tradizioni, dando vita a ciò che tutt'oggi si può osservare nella varie produzioni di arazzi tappeti ecc. prodotti in Sardegna. Il loro impiego in ambito familiare, fu quello di fungere in un primo tempo o da copricapo o da coperta, oppure da bisaccia sia da spalla che da cavallo, o come copertura della cassa panca contenente vestiario e corredo nuziale, prima di diventare per lo più ornamento per i pavimenti e cioè un tappeto o ornamento murario cioè un arazzo.

I colori di tali manufatti richiamano il mondo circostante e l'animo dei sardi. Si parte dai verdi, i viola, i rossi, i gialli e i turchini, con i quali le composizioni coloristiche e le tematiche coinvolgono talmente tanto, al punto di sentirsi, osservandoli, immersi a esempio in un grande campo di fiori variopinto.

Con i contrasti creati tra rosso e nero invece si va incontro a sensazioni di tristezza e seriosità interiore.

Arte tintoria in Sardegna

Le tematiche variano dal floreale al geometrico a quello animale che si vanno a volte a contrapporre tra loro, creando una sorta di coinvolgimento emotivo nei confronti di chi osserva l'elaborato. Si viene così coinvolti in una sorta di musica e danza tra colori, animali e fiori, riuscendo a creare così armonia, nonostante le geometrie presenti che anche se spezzano il susseguirsi degli altri elementi, rendono il tutto un qualcosa di surreale e suggestivo.

Per la colorazione dei filati si utilizzavano sopratutto coloranti di origine vegetale ricavati da erbe, fiori, foglie rami o radici di piante selezionate, le quali venivano sottoposte a diverse fasi di lavorazioni per poter arrivare a un prodotto soddisfacente e duraturo.

TINTURA CASALINGA

Ci sono due metodi di tintura casalinga:

  1. le erbe, prima del loro utilizzo, vengono messe a macerare per un periodo che va da una notte a due giorni (a seconda della tipologia), quindi vengono fatte bollire per estrarne la sostanza colorante, e vi si immergono i tessuti lasciandoli il tempo necessario, a seconda della colorazione che si vuole ottenere, che varia dai colori più chiari immergendoli per un breve tempo, a colori più scuri aumentando il tempo dell'ammollo;
  2. un altro sistema di colorazione, consiste nell'immergere i tessuti contemporaneamente con le piante tintorie portando il tutto a ebollizione. Si procede poi per fissare il colore, o come tecnicamente si dice, mordentare un tessuto, che consiste nell'immergere le stoffe già tinte in una soluzione composta da una parte di aceto bianco e da quattro parti di acqua.

CARATTERISTICHE DEI COLORI NATURALI E DELLE PIANTE USATE NELL'ARTE TINTORIA IN SARDEGNA

I colori naturali creati artigianalmente caratterizzano i tessuti e i filati, apportando colori per l'appunto naturali che appaiono brillanti, con cromatismi che si discostano tantissimo da quelli sintetici o più precisamente prodotti industrialmente. Si tratta di colori ecosostenibili, non inquinanti e il loro contatto sulla pelle non fa scatenare reazioni allergiche a chi li indossa, salvaguardando dunque l'uomo e l'ambiente in cui vive.

Le sostanze naturali largamente utilizzate in Sardegna che creano una tavolozza tessile tradizionale per la colorazione naturale dei tessuti, è quella ottenuta estraendo i colori dalle piante sotto indicate:

La robbia (Rubia peregrina della famiglia Rubiaceae), trova origini nelle regioni dell’Europa meridionale e dell’Asia. E' una tra le più importanti piante tintorie, coltivata nel 1800 nelle campagne di Osilo e Tempio, avente la caratteristica di dar vita ad una gamma di colori che vanno dal rosso di robbia, a varie tonalità di arancio, rosa e rosso.

La robbia è una delle piante perenni più conosciute, avente un alto potere colorante, utilizzato per la colorazione di filati e tessuti.

Radici di robbia
Radici di robbia

Dalle sue radici che vengono raccolte a partire dai 3 anni di vita della pianta, essiccate e tagliate in piccoli pezzi oppure macinate, lasciate macerare in acqua calda per alcune ore, si ottiene il colorante (chiamato alizarina). Il tessuto da tingere, precedentemente lavato, viene messo e lasciato in ammollo nell’acqua colorata con la garanza (polvere che si ottiene dalla radice) e l’aggiunta di un agente fissante, come il sale o il cremor tartaro (una sabbiolina che si forma e si cristallizza all'interno delle botti durante la fermentazione del mosto precipitando sul fondo, inodore, incolore e insapore). Dopo questo passaggio si immerge il filato nella vasca con la soluzione a circa 80°C e lo si lascia in immersione per diverse ore. Si effettua poi il risciacquo del tessuto o del filato, e lo si fa asciugare all'aria aperta al riparo dai raggi del sole.

L'alaterno (Rhamnus alaternus della famiglia Rhamnaceae) è un arbusto tipico della macchia mediterranea dal quale si estrae un colorante marrone utilizzato anticamente per colorare le reti dei pescatori. Dalla pianta si ottengono vari colori:

  • con il decotto della scorza del suo frutto si ottiene il nero e il ceruleo;
  • dai frutti si ricava il verde di vescica o verde vegetale;
  • dai fiori e dai rami freschi si estrae un pigmento giallo aranciato dovuto alla presenza di alcune sostanze come la quercetina, il canferolo la ramnocitrina, cosidetti flavonoidi.
Telaio orizzontale
Telaio orizzontale

L'alcanna (Alkanna tinctoria della famiglia Boraginaceae), importata dall'Albania, dall'India, dalla Turchia e dall'Egitto, è una pianta sempreverde dalle cui radici si ottiene il colorante rosso, addizionandolo ad aceto o limone, mentre unendo le radici con hennè più bicarbonato si ottengono rispettivamente il rosa e il blu viola.

La Calendula (famiglia Asteraceae)ritenuta una pianta derivante dal Marocco ma coltivata ovunque, viene utilizzata per creare dai suoi fiori un giallo intenso, colorante che nell'ambito tessile viene sostituito a volte dal giallo zafferano.

Lo zafferano (Crocus sativus famiglia Iridaceae), originario dell'Asia minore, è un colorante per stoffe e filati molto antico. L'impiego di questa spezia nell'ambito della tintura è documentato dai primi tappeti persiani, dalla tintura dei tessuti cretesi, dai reperti egiziani, e da documentazione di resti romani.

La scarsa resistenza alla luce non ha impedito che lo Zafferano fin dall’antichità fosse impiegato con una certa assiduità nella tintura per stoffe. Per tingere erano sufficienti la spezia e dell’acqua calda, come si trova specificato in un trattato fiorentino della prima metà del XV secolo, generalmente indicato come il Trattato dell’arte della seta. La scarsa stabilità alla luce del colore ottenuto dallo zafferano può essere aumentata mediante un trattamento di mordenzatura delle stoffe con sali metallici, in particolare il solfato di ferro. Prima della tintura il colore ottenuto con tale procedimento risulta però più opaco e scuro rispetto a quello ottenuto senza l’impiego di un mordente. Lo zafferano poteva inoltre essere impiegato miscelandolo con altre tinture di origine vegetale, in particolare con l’indaco, per ottenere varie tonalità di verdi.

Varie tonalità di zafferano
Varie tonalità di zafferano

Il melograno (Punica granatum famiglia Lythraceae), pianta originaria dell'Asia sud occidentale, viene coltivata in luoghi molto caldi, ricca di flavonoidi e tannini consente di ottenere dalla scorza del suo frutto e dalla sua corteccia pigmenti rossi e gialli, molto resistenti alla luce e ai lavaggi dei tessuti colorati, siano essi di lino, cotone, canapa, seta e lana.

Lo gnidio o erba corsa (Daphne gnidium famiglia Thymelaeaceae) pianta tipica della macchia mediterranea, viene utilizzata per trattare filati come quello dell'orbace, ottenendo una colorazione giallo e verde brillante.

L'erba guada (Reseda luteola famiglia Resedaceae) originaria dell'Europa Asia occidentale e Africa, cresce nei luoghi incolti, nei bordi della strada e nelle scarpate, viene utilizzata per tingere sopratutto le fibre tessili della seta e della lana di un giallo limone duraturo e brillante .

L'elicriso (Helichrysum italicum famiglia Asteraceae) tipico della macchia mediterranea, e una pianta utilizzata per tantissimi scopi terapeutici salutari oltre ad essere una pianta tintoria dalla quale si estrae il colore giallo.

La lavanda (Lavandula stoechas famiglia Lamiaceae), anch'essa pianta tipica della macchia mediterranea, viene impiegata per ottenere una delicata sfumatura di viola.

L'iperico (Hypericum perforatum famiglia Hypericaceae), pianta che cresce in tutta l'Europa, viene impiegata per ottenere il giallo arancio brillante.

Il mirto (Myrtus communis famiglia Mirtaceae), pianta che ritroviamo spontaneo in Sardegna, Corsica e Sicilia, di facile coltivazione, viene impiegata per ottenere un verde scuro .

Il lentisco (Pistacia lentiscus famiglia Anacardiaceae), pianta tipica della flora mediterranea sarda, viene utilizzata per ottenere un colorante dalle tonalità di colore verde.

La buccia della cipolla (Allium cepa famiglia Liliaceae) e il cavolo rosso (cultivar della Brassica oleracea famiglia Brassicacee) danno cromatismi e sfumature di colore molto naturali rispettivamente gialli e rossi.

Il noce (Juglans regia famiglia Juglandaceae) della cui pianta si utilizza:

  • il mallo del frutto una volta fatto essiccare. Dopo il suo trattamento da origine a pigmenti marroni, con i quali si possono realizzare colorazioni più resistenti alla luce del sole e ai lavaggi;
  • dalla sua corteccia invece si ottiene il nero.

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