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A che punto siamo con la PAC e la tutela dell'ambiente?

 PAC e tutela dell'ambiente
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Le Associazioni degli agricoltori biologici e biodinamici, quelle ambientaliste (FAI,LIP, WWF, Italia Nostra, Pro Natura) e la società italiana di ecologia del paesaggio hanno inviato al Ministro dell’agricoltura, all’assessore della regione Puglia in qualità di rappresentante della conferenza delle Regioni in tema di agricoltura ed ai parlamentari delle commissioni Agricoltura di Camera e Senato e del Parlamento Europeo una lettera aperta nella quale esprimono la loro preoccupazione per l’andamento del dibattito sulla riforma della Pac.

Mentre a Rio de Janeiro si svolge il summit mondiale dedicato ala green economy la riforma della politica agricola comune per il periodo 2014-2020 rischia di consegnarci un’agricoltura europea poco sostenibile per il clima e l’ambiente.

Le indicazioni del consiglio europeo dell’agricoltura qualche mese fa prevedevano una drastica riduzione dell’applicazione del greening, cioè l’insieme di quelle pratiche agro compatibili ritenute necessarie per garantire la tutela e conservazione della biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la tutela della qualità alimentare.

 Tutela dell'ambiente e pac

Tali pratiche dovrebbero in realtà costituire un premio economico supplementare del 30% rispetto al premio base per le aziende virtuose che si fanno protagoniste dell’agroambiente.

In tal modo con il greening si introdurrebbe finalmente in ambito Pac un riconoscimento economico direttamente connesso ai servizi ambientali erogati per la salvaguardia del paesaggio, per la riduzione dell’inquinamento da fitofarmaci e nitrati, per l’aumentata capacità di adattamento a calamità naturali dovute ai cambiamenti climatici.

Le attuali proposte del Consiglio europeo sostenute dal Governo italiano su pressioni delle maggiori Organizzazioni agricole le aziende sotto i 10 ha,che in Italia sono il 25% della SAU che corrispondono a quasi 3 mln di ha cioè all’80% del totale delle aziende agricole, non avranno da osservare alcun impegno per rispettare le regole del greening.

Le attuali proposte del Consiglio europeo sostenute dal Governo italiano su pressioni delle maggiori Organizzazioni agricole le aziende sotto i 10 ha,che in Italia sono il 25% della SAU che corrispondono a quasi 3 mln di ha cioè all’80% del totale delle aziende agricole, non avranno da osservare alcun impegno per rispettare le regole del greening.

Se inoltre in base alle attuali proposte tutte le colture arboree saranno esentate, compresi i frutteti intensivi del Trentino o della Pianura padana, allora poco resterebbe dell’agricoltura destinata alla componente ambientale più importante della riforma della Pac.

 Tutela dell'ambiente e pac

Inoltre se tra le varie attuali proposte in cantiere per la riforma si dovesse decidere di esentare le aziende fino a 15 ha di SAU aziendale utilizzata per le rotazioni colturali,sommando entrambe le esclusioni resterebbe fuori dalle misure ambientali circa il 90% delle aziende agricole italiane. Se infine sarà approvato anche il criterio della rotazione vincolato solo a 2 colture avvicendate per aziende con superficie inferiore ai 50 ha di SAU resterebbe solo circa il 4% del totale di aziende agricole che potrebbero impegnarsi con premio all’applicazione delle misure di greening.

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Per ciò che riguarda i pagamenti verdi, hanno diritto a percepire l’aiuto anche le aziende che partecipano a regimi di certificazione ambientale nazionali o regionali e quelle che già applicano le misure agro-ambientali previste dal secondo pilastro. Queste ultime dovranno essere disegnate in modo tale da andare oltre il greening.

Per quel che riguarda la diversificazione, le aziende con una superficie a seminativo compresa tra 5 e 20 ettari dovranno mantenere su quella superficie 2 diverse colture, nessuna delle quali dovrà coprire meno del 10% della superficie. Per le aziende con una superficie a seminativo maggiore di 20 ettari la diversificazione dovrà essere fatta con 3 colture. In questo caso, la coltura principale non potrà coprire più del 70% della superficie e le due più importanti, insieme, non più del 95%. Sono escluse dall’obbligo di diversificazione le aziende con una superficie a seminativo inferiore a 5 ettari e quelle con superficie superiore a 50 ettari ma per le quali più dell’80% della superficie ammissibile dell’azienda è coperta da prati permanenti, pascoli storici o colture permanenti. Sul fronte dei prati permanenti la modifica principale riguarda l’inclusione nella norma anche dei prati storici.

Gli obblighi relativi alle aree di interesse ecologico sono limitati solo alle aziende con una superficie ammissibile superiore a 20 ettari. La percentuale di superficie da destinare a queste aree viene ridotta da 7 a 5% solo nel caso di impegno preso collettivamente da un gruppo di produttori su superfici adiacenti. Sono escluse dall’obbligo le superficie coperte da colture che fissano l’azoto e si, propone che le colture permanenti (oliveti, vigneti o frutteti) associate a pratiche agronomiche di conservazione e difesa del suolo siano esentate dall’applicazione della pratica relativa alle aree di interesse ecologico e pertanto siano considerate “verdi”.

La crisi economica colpisce un'agricoltura già abbondantemente attraversata da una profonda crisi di settore. Ai dati del censimento dell'agricoltura, che evidenziano in Italia la perdita in 10 anni del 32,2% delle aziende (- 25% in Europa), si uniscono diverse analisi dedicate al settore che mostrano negli anni 2008-2009 un calo del 25,3% del reddito delle imprese agricole (-12,2% in Europa) recuperato solo in minima parte nel 2010.

La crisi agricola di oggi è il punto di arrivo di un modello di sviluppo non più sostenibile e che vede nei sistemi agricoli e di produzione del cibo i settori dove maggiormente esplodono le contraddizioni di un tale modello di sviluppo. Però in fondo bisogna rimarcare con forza che l'agricoltura è il settore che più di altri ha già realizzato attività innovative per la costruzione di un modello di produzione e consumo basato su una visione avanzata della sostenibilità in grado di garantire al tempo stesso efficienza economica, equità sociale e tutela e valorizzazione delle risorse naturali e del paesaggio. Ciò che emerge da un’analisi di settore è l’evidenza che ciò che è meglio sul piano ecologico lo è anche sul piano agronomico ed altrettanto sul piano economico e sociale e che la direzione strategica che ci viene indicata dagli scenari attuali è di puntare per il futuro in modo deciso sulla diversificazione, la sostenibilità e la multifunzionalità. La crisi strutturale nella quale siamo immersi impone di dare una priorità assoluta nell'uso delle risorse pubbliche a obiettivi pubblici come la salvaguardia dell'ambiente e dell'occupazione.

 Tutela dell'ambiente e pac

Un forte tessuto di imprese multifunzionali, ad alta intensità di lavoro, è la strada migliore per perseguire questo obiettivo. Le aziende agricole che reggono meglio l'impatto della crisi sono invece le aziende diversificate, multifunzionali, che realizzano attività innovative per la costruzione di un modello di produzione e consumo basato sulla sostenibilità ambientale. Siamo di fronte ad una contraddizione macroscopica: le imprese che hanno sostegni dalla Pac non hanno futuro sul piano economico e le imprese che invece possono avere un futuro non hanno sostegni. La riforma della Pac per il periodo 2014 - 2020, in discussione al Parlamento europeo, deve affrontare questo paradosso.

Considerato che lo sviluppo rurale, divenuto il 2° pilastro della politica agricola comune, è stato riformato a più riprese allo scopo di migliorare la competitività dell’agrosilvicoltura, di rafforzare i legami tra l’attività primaria e l’ambiente, di migliorare la qualità della vita nelle aree rurali e di incentivare la diversificazione dell’economia nelle comunità rurali e che assieme alle misure di mercato (1° pilastro) lo sviluppo rurale è diventato una componente essenziale del modello agricolo europeo.

La riforma del 2003 non ha fatto che confermare il suo ruolo essenziale nel quadro della nuova PAC. Il suo obiettivo principale è di creare un quadro coerente e sostenibile salvaguardando il futuro delle aree rurali, basato, in particolare, sulla multifunzionalità dell’agricoltura, ossia la sua capacità di fornire una gamma di servizi che trascendono la semplice produzione di prodotti alimentari, e sulla capacità dell’economia rurale di creare nuove fonti di reddito e di occupazione proteggendo la cultura, l’ambiente e l’eredità del mondo rurale.

 Tutela dell'ambiente e pac

Per quanto riguarda il primo pilastro della Pac e l'aiuto disaccoppiato, è necessario orientarsi verso soluzioni che consentano la remunerazione della produzione di beni pubblici con chiari obiettivi legati alla sicurezza e alla sovranità alimentare, alla mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, alla protezione delle funzioni degli ecosistemi, alla protezione delle risorse naturali (acqua, suolo, ecc.), alla messa in sicurezza del territorio, alla creazione di opportunità di lavoro ed al rafforzamento del tessuto sociale delle aree rurali. Per quello che riguarda il secondo pilastro della Pac, il riferimento fondamentale deve essere il perseguimento di strategie individuali e collettive per la diversificazione delle produzioni, dei mercati, delle funzioni, integrando la produzione di beni privati con la produzione di beni pubblici per una rinnovata economia locale sostenibile attraverso una nuova integrazione agricoltura e società.

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