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Viaggio in Francia e in Spagna
Recu-elle toi

Viaggio in Francia e in Spagna
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VENERDI' 4 GIUGNO 2004 Partenza h. 10.30 Km 0,000

Un macigno sul cuore ed una pietra sulla mano.

Mi pesa, mi pesa infinitamente riprendere la penna ora che il mio "editor", l'affettuoso estimatore dei miei racconti di viaggio è "andato dall'altra parte della strada" e non vaglierà più il mio nuovo "prodotto" con la sua ruvida, attenta critica, per concludere che l'ultimo racconto risultava essere sempre migliore del precedente, infondendomi ogni volta, anche quando temevo di essere scivolata verso un rapido declino, nuovo coraggio e nuova gratificazione.

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Pio

Mezz'ora prima di entrare in sala operatoria, Pio Petrocchi era al telefono con me per accertarsi che gli involontari errori della messa "on line" fossero stati debitamente corretti. Voleva lasciare tutte le cose in ordine, prima di concentrarsi totalmente sull'intervento operatorio a cui aveva deciso di sottoporsi: era il suo appuntamento con la morte, ma lui non lo sapeva. Non sapeva che il suo destino si compiva lì, in quei reparti di rianimazione e terapia intensiva, dove per giorni e giorni l'avrebbero crocifisso con cannule, tubi, tracheotomia, ossigeno e flebo, fintanto che un'infezione ospedaliera, debellata ogni cura, l'avrebbe consegnato stremato e violato alla morte.

A chi, ora, consegnerò io, i miei pensieri, i miei ricordi di viaggio?

«...Sono dall'altra parte della strada...» Sì, ma come ti raggiungo? Come mi giungerà il tuo giudizio? come mi si scalderà il cuore come accadeva quando accennavi brevemente a dei passaggi del racconto, che avevi particolarmente apprezzati?

Non lo so; all'inizio di questo viaggio non lo so, ma forse, alla fine, comportandomi e scrivendo come tutte le altre volte, troverò la risposta.

SABATO 5 GIUGNO 2004 - Partenza h. 9,35 Km 678

L'autoroute francese verso la Spagna si accende del giallo delle ginestre e delle strisce multicolori delle piantagioni di fiori.

Zaffate di profumo si alternano a zaffate di odore di campi concimati, che mi ricordano tanto l'olezzo caratteristico della Region de la Mursia, ampiamente descritto nel mio primo 'Recuerda'.

Stiamo puntando verso Barcelona, dove ci aspetta la Exposicion Canina Europea.

Stavolta la reginetta Bonita non fa parte della spedizione, perché è rimasta a casa, con il resto "dell'orda selvaggia", ad accudire due sue magnifiche cucciole, Manzanilla e Cucaracha, avute dal grande, mitico capobranco Pepito, che invece, ignorando con maestosa noncuranza la splendida progenie che generosamente diffonde sul pianeta, viaggia con noi, adempiendo ad un'altra delle tre essenzialità della sua vita: l'amore incondizionato per la padrona, l'amore altrettanto incondizionato per la pappa e l'amore per 'una botta e via', ove il suo intervento sia da qualche cagna richiesto.

La sua presenza è come sempre calmieratrice sulla squadriglia de los perros, itineranti fra Italia-Francia-Spagna. Oltre a Juanito, mi amor, e Caramella, amore di Mimma, abbiamo altre 'new entries': Doña e Chorizo. Doña, promettente giovane chihuahua a pelo lungo che verrà presentata in mostra e Chorizo, suo fratellastro, meno promettente giovane chihuahua a pelo lungo, che non verrà presentato in mostra, ma che Mimma mi ha generosamente regalato per far compagnia a Juanito, el sol de mi casa. Risultato che Juanito, avviato sulla strada del rin..mento, quale figlio unico di genitori vecchi, si è di colpo risvegliato dal suo geriatrico tran tran senza emozioni, ritrovandosi a fianco un 'nipotastro' (la madre di Chorizo è una sorellastra di Juanito) esagitato, capellone, monorchide e con un sorriso a 64 denti tipo iena ridens o, a scelta, tipo uno dei nostri politici, che sfodera ogni qualvolta voglia ingraziarsi la benevolenza degli umani.

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Pronti a partire

Così strutturati, quattro umani (i soliti tre più Alfredo, mio marito, che ritenta l'impresa dopo quella sfortunata della Croazia-Montenegro interrotta dai ladri) e cinque cani, a bordo dell'intrepido Don Antonio Ecovip Camper, ormai temprato da numerosi più brevi viaggi, ci dirigiamo sparati verso Barcelona.

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Io
Viaggio in Francia e in Spagna: racconto
Mimma
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Romano
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Alfredo

Vi arriviamo nel pomeriggio "senza troppo spargimento di sangue", nel senso che troviamo il luogo dell'Esposizione con grande facilità: è proprio in città, fra la Plaza dell'España ed il Museo Nazionale d'Arte Catalana.

Siamo collocati in un grande parcheggio coperto, di fronte ai padiglioni dell'Esposizione, insieme a tutti gli altri camper degli espositori; i bene informati (italiani) ci avvisano subito che ci aspetta una notte da incubo, grazie ai solfeggi notturni delle varie razze canine.

Non ci lasciamo scoraggiare e, dopo un improrogabile passeggiatina igienica dei cani, quasi una gincana fra i prodotti delle passeggiatine igieniche dei cani che ci hanno preceduto e che, dalla consistenza, apparivano tutti depositati da razze tipo Sanbernardo, Leonberger o Alani, con determinazione assoluta decidiamo di fermare un taxi per tornarcene a mangiare la paella al "7 Portas", rinomato ristorante già apprezzato nel nostro precedente viaggio in Spagna.

L'autista è ciarliero e disponibile. Appuriamo che sono contenti di Zapatero: bene! Appuriamo che i "barceloneti" contestano la corrida: bene! Appuriamo che i cani non sono da considerarsi giocattoli, ma vanno rispettati: bene! Appuriamo che al giorno d'oggi esistono due grandi potenze, gli USA e l'opinione pubblica: però! (riflessione su cui meditare).

Ci lasciamo consigliare e condurre ad un altro ristorante sul lungo mare a Barceloneta, tradendo "Las 7 Portas". Mal ce ne incolse: la paella de mariscos si riduce ad un risotto ai frutti di mare e ci lascia abbastanza insoddisfatti.

C'è ancora luce quando a piedi percorriamo il lungomare dove si dispiegano, uno dopo l'altro, ristoranti e bar, che proprio quando noi abbiamo finito, verso le dieci di sera, cominciano a vivacizzarsi e riempirsi di gente festaiola, desiderosa di godersi una bella serata nella zona caratteristica del porto. Tutt'intorno c'è musica, cicaleccio, allegria.

Prima di salire in taxi per tornare al camper, vengo rapita dalla caratteristica, malinconica musica dei flauti andini, suonati all'aperto da un gruppo di musicisti dai classici tratti indios.

"Perdono. Perdono per quello che vi abbiamo fatto, per quello che IO vi ho fatto come appartenente alla razza bianca dei conquistadores. Perdono per tutto quello che vi abbiamo tolto: dignità, cultura, ricchezza, libertà, futuro e identità. Perdono per tanto dolore, per tanta violenza; perdono per aver distrutto in breve tempo tutta la vostra storia; perdono per tutto il male che la nostra "civiltà" ha fatto alla vostra.

Mi sembra che il riflesso di quel dolore sia rimasto nel suono dei loro flauti, nella malinconia penetrante dei loro canti: un dolore senza ristoro, una rassegnazione senza speranza, un'accettazione senza illusione.

Reprimo come sempre questi slanci di espiazione delle nostre colpe che mi farebbero apparire una pazza scatenata e salgo sul taxi con gli altri.

In viale Regina Cristina, dov'è l'Esposizione Canina, ci attende una bellissima sorpresa: i giochi d'acqua colorati della grande fontana in fondo al viale, davanti al Museo Nazionale d'Arte Catalana. E' uno spettacolo grandioso: colonne, getti, spruzzi, girandole, impennate d'acqua di diversi colori in un susseguirsi entusiasmante di zampilli.

Raggiunto il camper, ho preso in braccio i miei due chihuahua per condurli a passeggiare lontano dall'imbrattamento dei marciapiedi. Mi sono così ritrovata da sola in mezzo alla gente che stazionava, seduta sulla gradinata o in piedi, intorno alla fontana. Sembrava di trovarsi in mezzo ad una piccola fiera paesana. Venditori ambulanti avevano disposto in terra la loro mercanzia e me la mostravano sollecitandomi ad acquistare. "No tengo dinero!..." "Malo, malo! Que vienes a hacer aquì si no tienes dinero" oppure "Un abanico para uno de tus perros!...." "No, mille abanicos para uno de mis perros" celiavo la mia controfferta, mentre divertita mi stringevo al petto Juanito e Chorizo, terrorizzati dalle luci e dalla confusione.

Mischiata alla folla della piccola festa paesana radunata intorno alla fontana per ammirarne la cangiante bellezza, mi sono quasi sentita spagnola fra gli spagnoli. Contenta della mia solitaria avventura nella calda notte catalana, me ne sono tornata al camper a raccontare agli altri le mie prodezze linguistiche ed esplorative.

DOMENICA 6 GIUGNO 2004 - Partenza h. 16 Km 1.164

E' la mattina della "lizza". Mimma si prepara con cura per condurre le due vezzose, Doña e Caramella, alla mostra; paludata in verde bottiglia lei, con piccoli tocchi di luce ottenuti da sporadici strass incastonati sulla giacca a rete leggera, guinzagli neri con collari completi di strass le due donzelle. Tutte e tre fanno un bel colpo d'occhio "e non è facile dopo aver trascorso la notte d'incubo, come preannunciatoci all'arrivo! Gli scambi di opinioni canine, infatti, ci hanno cullato per tutta la notte, rimbombando e amplificandosi attraverso l'enorme padiglione coperto.

Accompagniamo Mimma e Romano al ring dell'Esposizione, dove troviamo altri amici allevatori che, ormai, anch'io conosco. Ci sprechiamo in baci ed abbracci con tutti, compresi i nostri avversari di Gibilterra, con i quali siamo diventati quasi parenti, distribuiamo tanti "in bocca a lupo" a tutti e ce ne andiamo a spasso cioè, Alfredo ed io ce ne andiamo a spasso, gli altri restano.

La città ci si offre in tutta la sua grandezza, le sue larghe strade, le sue ampiezze, le sue caratteristiche Ramblas. Le architetture di Gaudì colpiscono e disorientano con le loro linee innovative, le loro particolarità inconsuete.

Il City Tour si compie in due ore e mezza e ci riconsegna puntuale alla Plaça d'España.

Quando torniamo al ring tutto si è già compiuto, Caramella si è qualificata terza all'Esposizione Europea e Romano e Mimma stanno già smobilitando la loro postazione.

Lasciamo Barcelona viaggiando verso sud per acquartierarci in un campeggio sulla spiaggia. Facciamo una lunga passeggiata con i cani sguinzagliati a rincorrere ed a giocare con la risacca, fin tanto che Doña, leggera come un biscotto, viene risucchiata da un'onda più lunga, e si fa un bagno completo.

E' bello vedere i cani scorrazzare liberi da regole o guinzagli!... E' bello seguirli, liberi anche noi da regole'e guinzagli!

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Liberi di scorrazzare

LUNEDI' 7 GIUGNO 2004 - Partenza h. 10,30 Km 1.235

Lunedì dei monasteri.

Lasciata la costa ci dirigiamo verso Lleida-Saragozza, ci perdiamo il Santuario di Santes Creus per disattenzione, ma ci godiamo una bella camminata per le stradine di Montblanc ed una visita guidata in francese all'Abbazia di Poblet. Montblanc è una cittadina mediovale, chiusa in una massiccia cerchia di mura e sede un tempo delle Cortis Catalane.

Visitiamo la bella chiesa di Santa Maria nel cuore della città, ascetica e scarna all'interno, barocca nella facciata, di fronte alla quale Alfredo, approfittando delle varie teste di leone scolpite, si fa pomposamente fotografare per simboleggiare al meglio la sua presidenza di un Lions Club.

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Un Lions fra i leoni

Sciamiamo per le strade del Ghetto, scuriosiamo nei negozi e finiamo col comprare del morbido e fragrante pane spagnolo, con l'intento di prepararci un moderato spuntino all'interno del camper. .Infatti finiamo al "Molì del Mollet", uno dei ristoranti più costosi della zona!

Non ci lasciamo intimorire: Alfredo si lancia su un piatto di caracoles (lumache) belle indigeste, Romano sul "conejo brasado" (coniglio arrosto), Mimma sulla carne al "aiello"(aglio), aromatizzata al punto da uccidere un vampiro con una fiatata ed io su "patatas rellenas con mousse de bacalao" (patate ripiene con mousse di baccalà). Sono porzioni ciclopiche con contorno "automatico", nel senso che ti viene propinato, abbondante e vario, anche se non lo richiedi. Sprofondati nel nostro impegno gustativo, ne riemergiamo tutti molto soddisfatti; quello meno convinto è Alfredo, che, però, si consola spolverando un delle mie ottime patatas rellenas.

Dopo tanta abbondanza, l'unica che non si ferma e si fa anche una crema catalana sono io!

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Il chiostro del Monastero di Poblet

Un po' offuscati dall'impatto con l'ottima cucina catalana saporita e ricca, ci ritroviamo nell'ombrosa spiritualità del Monastero di Poblet, fondato nel 1153 ed affidato ai monaci Cistercensi.

Ammiriamo il chiostro ingentilito da cespugli di rose in fiore, il vasto austero refettorio, la biblioteca ed il calefactorium, l'unica stanza riscaldata dove potevano rifugiarsi i monaci anziani o malati per difendersi dal rigido inverno collinare.

Nella chiesa gotico romanica riposano nel Pantéo del Reis otto re e sei regine di Catalogna ed Aragona.

L'ultima visita è all'antica cantina dove si produceva l'ottimo vino del luogo. L'ottimo vino viene ancora prodotto ed Alfredo non rinuncia ad acquistarne una bottiglia che, lungi dal portarla a casa come souvenir, ci scoleremo lietamente nel corso di una delle nostre cenette in camper!

A sera ci inerpichiamo con il camper sulla salita del Montserrat, per raggiungere il cielo e lì giacersi.

MARTEDI' 8 GIUGNO 2004 - Partenza h.16 Km 1.431

Il Mirador del Montserrat, stamani alle sette, si offriva come una visione del paradiso. Le vette del massiccio emergevano da una lieve caligine bianca con contorni smussati dalla luce sommessa del mattino. Ero sola lassù, al Mirador di Montserrat, con Chorizo e Juanito che gioiosi adempivano alle funzioni mattutine (i cui esiti avrei scrupolosamente provveduto a ripulire), ma i brividi che sentivo scorrermi lungo le braccia non erano brividi di freddo, ma d'intensa emozione.

Penso sia stata un'occasione rara potersi trovare al Mirador del Montserrat da sola, al mattino presto, con tutto il mondo ai piedi ed il cielo sopra la testa, limite infinito dell'universo, il sole che saliva tiepido all'orizzonte e la luna a tre quarti che ancora indugiava nel cielo.

Viaggio in Francia e in Spagna: racconto
Montserrat: il Paradiso
Viaggio in Francia e in Spagna: racconto
Montserrat: il Paradiso

Il massiccio del Montserrat, così particolare con le sue rocce morbide e arrotondate, scaturite dal fondo dell'oceano milioni di anni fa, si poneva solenne, ma amico, come se mi avesse aspettato da sempre, come se i passi della mia vita avessero dovuto condurmi là, ad ammirare, a respirare la serena potenza dei suoi costoni.

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La corona degli Angeli

Il simbolo del Montserrat è rappresentato da un gruppetto di angeli che tutt'insieme tengono in mano una sega, con cui hanno intagliato la corona di vette del massiccio: solo degli angeli potevano dentellarla così bene !

Per i credenti il massiccio è un luogo di culto molto importante, perché nella cattedrale è conservata la "Morenita", una madonna nera con in braccio il bambino, apparsa nel 888, un sabato pomeriggio, a tre pastorelli del luogo. Mi piacerebbe, però, che una volta la Madonna si rivelasse ad un intellettuale od a uno filosofo od a uno storico del tempo, anche per non privilegiare sempre le stesse classi sociali.

Stiamo uscendo dalla Spagna. Adìos España mi amor !

Anche se l'Andalusia mi è rimasta nel cuore come una fiaba di luce e di passione, mi ha fatto piacere conoscere meglio la Catalogna e l'ho apprezzata come terra diversa dall'Andalusia, più severa e spirituale, ma anch'essa ricca di un grande passato storico.

Un tramonto rosa-aranciato e viola ci lascia correre verso la Francia, appassendosi di luce sempre più flebile.

A Roussillon, villaggio catalano nella Languedoc, all'interno di un autogrill, scegliamo un angolino riparato e comodo per noi ed i cani e vi trascorriamo una notte tranquilla.

MERCOLEDI' 9 GIUGNO 2004 - Partenza h. 10,30 Km 1.678

Stiamo viaggiando verso Sète, dove già passammo nel nostro primo viaggio di ritorno dalla Spagna.

E' una splendida giornata di tarda primavera: il giallo ed il profumo delle ginestre incorniciano il nostro viaggio. Ci sentiamo in pace con il mondo e con il camper. Don Antonio Ecovip Camper è sempre baldanzoso, ma anche generoso nella sua ospitalità: se noi abbiamo cura di lui, Don Antonio non ci fa mancare niente; ci offre comodi giacigli, confortevoli divanetti, ampi sedili di guida, un bagno con doccia, un frigo capiente con tanto di freezer, un cucinino essenziale, ma sufficiente per laute colazioni e spaghettate ed un tavolino intorno al quale riunirci, a volte appassiti di stanchezza, per consumare in allegria i nostri pasti ristoratori.

Ad Adge ci fermiamo con la scusa di visitare la città di basalto e comprare qualcosa da mangiare.

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Le Canale du Midì

L'intento nascosto (ma neanche tanto) è quello di farci una scorpacciata di moules (cozze) ed, Alfredo, di sardines. Smascheriamo subito i nostri intenti alla prima tentazione di un'abile ristoratrice che, adocchiate le nostre espressioni fintamente per bene che scorrevano con noncuranza le offerte del menù, ci ha quasi imposto di sederci ad un tavolino lungo il Canale du Midì, lusingandoci con descrizioni di piatti di sardine appena pescate (...da loro stessi) e di catini di moules affogate in salsine au fromage bleu.

Ho cercato di dire che potevamo fare prima un giro e ripassare dopo, ma sono stata subito zittita con un bicchiere di sangrìa francese che non legava nemmeno le scarpe al famoso jarron di sangrìa gustato al Reina Isabel Camping, a Granada.

Placati dalle moules e dalle sardines, abbiamo poi fatto il giro di Adge, ammirato la Cattedrale di basalto, cupamente imponente, e camminato lungo il canale du Midì fino a risalire in camper.

Via verso l'azzurro mare di Sète!

Prima di arrivare a Sète è prevista una sosta lungo la splendida spiaggia che collega Marseillan-Plage a Sète. E' un pomeriggio radioso: cielo e mare sono tinti di un identico azzurro, anche i bagnanti nel mare si tingono d'azzurro.

Ci sparpagliamo con i cinque cani sulla vasta spiaggia, illanguiditi dalle moules, dal vinello bianco con cui le abbiamo accompagnate e da tutta la bellezza in cui siamo immersi. I cani scorrazzano sulla rena e sulla battigia rincorrendosi, scavalcandosi e finendo in mare, come già precedentemente accaduto, ignari che nel giro di pochi minuti sarebbe potuta compiersi un'ecatombe, quasi una tragedia shakespeariana. Infatti quando un'onda più energica trascina in mare qualcuno di questi "giganti" della specie canina, una di essi, Caramella, compie l'azione più normale che un cane possa fare: si rotola nella sabbia come una forsennata, infilandosi la sabbia negli occhi.

Mimma, iperprotettiva, in un eccesso di zelo compie una contro azione che poteva rivelarsi fatale: prende Caramella, la riporta in mare e le sciacqua gli occhi con l'acqua salata, poi la rideposita sulla vasta spiaggia, lungo la quale, però, scorre la strada statale. A questo punto Caramella, con gli occhi brucianti, imbizzarrita e spaventata, si mette a correre verso il fondo della spiaggia, in direzione della strada.

I richiami di Mimma servono solo a farla scappare sempre più lontana, finché imbuca decisamente la statale seguita da Dona, amica del cuore e sorellastra, e da Chorizo, fratellastro e bischerello di turno.

Mimma urlando come un'ossessa riesce a bloccare il traffico, mentre i tre fuggitivi sbandano a destra e manca, ormai in preda al panico. Urlo anch'io cercando di riprendere Chorizo, che non mi ubbidisce, mentre alle nostre spalle, in mezzo alla strada, sopraggiungono anche i due saggi della situazione: Juanito e Pepito. Non ci bastano ne' il cuore ne' le mani per raccattarli tutti, ormai noi e loro al colmo dello spavento.

Solo la pazienza e la cortesia degli automobilisti ha evitato che una situazione di gioia degenerasse in tragedia. Con le braccia cariche di cani raccattati non so neanch'io come, colpevolmente dimentiche di ringraziare gli automobilisti, principali artefici della storia a lieto fine, Mimma ed io ci accasciamo sulla spiaggia, dove Alfredo era rimasto imperturbabile a raccogliere conchiglie, mentre Romano riposava beato nel camper

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La spiaggia di Sète

Fenicotteri punteggiano di rosa gli stagni circondati dalla vegetazione palustre, i cavalli bradi brucano senza scomporsi ai lati della strada, mentre ci addentriamo nella Provenza.

Ci additiamo i fenicotteri in volo, gli aironi bianchi in mezzo alla palude, le sterne di mare e tutta, la tanta bellezza che ci circonda.

In una serata illuminata da un sole ancora caldo e alto nel cielo, la città "La Grande Motte" ci accoglie con la sua equilibrata modernità di buon gusto, con le sue bianche case a vela, immerse in giardini impeccabili, in mezzo a parchi ombrosi, a strade ordinate.

Ci siamo fermati a fotografare un gruppo di fenicotteri rosa che passeggiavano indolenti al bordo della strada, in uno stagno di cielo, dove galleggiavano lembi di vegetazione. I fenicotteri si son lasciati ammirare mentre rastrellavano il fondale in cerca di cibo, mentre allargavano le grandi ali bordate di nero, mentre sussiegosi ergevano il lungo collo elegante per guardare lontano.

GIOVEDI' 10 GIUGNO 2004 - Partenza h. 11 Km 1.906

Il profumo dei cespugli di alloro mi punge piacevolmente le narici, mentre conduco Juanito e Chorizo alla loro prima passeggiatina mattutina.

Il Camping dell'Eden all'Espinette è tranquillo, rilassante, ma pieno di polvere; anche l'alloro è opaco di terra, però riesce nell'aria frizzantina del mattino ad emanare il suo aulico aroma.

Dopo laboriose operazioni dei soliti svuotamenti e riempimenti compiute nell'appiccicosa polvere del camping, mentre Don Antonio Ecovip Camper si lasciava docilmente strigliare, lucidare e controllare i livelli, ci siamo diretti ad Aigues Mortes, un caratteristico paesino circondato da possenti mura ed illuminato dalla trasparente luce du midì français.

I colori delle stoffe locali rispecchiano la luce della natura intorno, sfolgorante di gialli, di azzurri, di verdi, che si riflettono nell'acqua. Penso a Van Gogh, ai suoi deliri d'artista, alla sua sete di giallo, al suo esplodere di colori assoluti.

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Le Mura

A Les Santes Maries de la Mer, capitale della Camargue e gemellata con Grosseto (terra di butteri e città natia di mio padre), decidiamo di fare un'escursione in battello su Le Petit Rhone, fra distese di salicornia verde, rossa, giallastra, su cui si ergono le tamerici "salmastre ed arse" ed i canneti.

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Cavalli di Camargue

Ad un punto del percorso ci attende uno spettacolo studiato per i turisti, ma ugualmente gioioso: un buttero spinge una piccola mandria di tori, di mucche con i vitelli e di cavalle con i puledri a mangiare davanti ai nostri occhi il fieno che il nostro battelliere ha gettato mentre ci accostavamo alla riva.

E' tutto costruito, ma l'innocenza degli attori è spontanea, istintiva e senza sovrastrutture. Con la stessa gioiosa baldanza dell'arrivo, finito lo spettacolo (e la biada) gli interpreti se ne sono tornati ai loro pascoli, nei campi.

Com'è azzurra l'acqua, com'è celeste l'acqua, com'è trasparente l'acqua, com'è impenetrabile l'acqua; com'è rosa l'orizzonte, com'è celeste il cielo, com'è ignoto il cielo, com'è immenso il cielo; com'è benedetta la Camargue!

Come siamo eletti noi che abbiamo potuto goderne, confondendoci con il respiro dei fenicotteri, degli aironi, dei Cavalieri d'Italia, dei cavalli bianchi della Camargue e dei tori con le corna "tese verso il cielo" delle lontre e delle nutrie, delle lepri e dei volpacchiotti e della povera serpe che, ignaro, Romano ha probabilmente schiacciato sotto le ruote del camper.

Com'è d'oro il sole, com'è rosso il sole, com'è lontano il sole; come infuoca l'orizzonte bruciando l'ultima parte del giorno, prima di arrendersi al mistero della notte!

VENERDI' 11 GIUGNO 2004 - Partenza h. 15 Km 2,037

Com'è verde l'acqua, com'è silente l'acqua, com'è profonda l'acqua, com'è misteriosa l'acqua!

Le Grand Rhone scorre lungo la città di Arles, dove imponenti vestigia romane ricordano tempi di storia lontana, ma sempre collegata alla nostra da un comune passato.

La splendida cattedrale romanica di Saint Trophime ci fa ammutolire con la sua maestosità scarna ed essenziale. Prima di entrare nella piazza della Cattedrale, il suono sublime di un flauto mi ha suscitato con le sue note struggenti l'emozione di sempre: la voglia di piangere.

Non ho potuto resistere a chiamare con il cellulare mia figlia Samanta e condividere con lei, a centinaia di chilometri di distanza, un momento di profonda emozione: il languido suono di un flauto traverso suonato con maestria da un musicista spagnolo, una mattina di Giugno, di fronte alla Cattedrale di Arles, in Provenza.

Sono momenti magici che ogni volta, in maniera diversa, questi viaggi mi donano.

Ascoltando quel suono rivedevo mia figlia adolescente, composta nella sua bella postura di musicista tormentata, con le labbra graziosamente appoggiate alla boccoletta dello strumento, mentre si preparava per una lezione o per un esame o per un saggio di musica.

Tanta parte della sua vita ha diviso, sofferto, con il flauto. Sempre scontenta, sempre tesa a migliorarsi, sempre esigente con se stessa. A volte le note che produceva mi sembravano un musica d'angeli; mi scavavano il cuore e lo elevavano verso la bellezza dell'assoluto.

Speravo che tanta armonia la portasse verso una vita di arte e di raffinate emozioni.

L'aspettavano, invece, esperienze dolorose, pesanti ed anche grossolane, che ha pagato di persona, tutte fino in fondo, senza lamentarsi ne' recriminare, uscendone, però, disincantata e senza speranza, spenta dentro. Ne' il flauto ha potuto aiutarla: è finito sepolto in un cassetto come oggetto che non si riesce più nemmeno a toccare, di cui forse non si vuole avere più nemmeno memoria.

Stamani quel suono mi ha attratto come una malìa. Mentre Romano, Mimma ed Alfredo indugiavano a leggere descrizioni particolareggiate della Cattedrale, io non riuscivo ad ascoltare altro che quella musica. Come un automa mi sono ritrovata a fianco del musicista con il cellulare proteso, affinché anche Samanta potesse dal suo ufficio dividere con me quel momento di paradiso.

La mia bella figlia adolescente, in camicetta di seta bianca e gonna di velluto nero, con i lunghi capelli castani sciolti sulle spalle, i grandi occhi verdi attenti allo spartito, le mani raffinate appoggiate con eleganza sui tasti, le gambe ed i piedi uniti e paralleli, l'espressione seria e concentrata, mi è riapparsa improvvisamente a fianco, con la fragilità di una visione e l'amarezza di un rimpianto.

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La Cattedrale di Arles

Samanta adesso è una donna che occupa la sua solitudine leggendo tutto sui diseredati della terra, dai libri di Gino Strada ai libri sui bambini soldato dell'Africa occidentale. Lavora con bravura, dedizione e senso del dovere, riscuotendo consensi e gratificazioni, ma sente che dovrebbe fare molto di più per aiutare l'umanità sofferente, forse una scelta di vita radicale, come offrirsi quale volontaria laica per qualche missione in Africa.

Ore 18,30: Don Antonio Ecovip Camper torna a casa avvilito, per non dire scornato: un infame sottopassaggio ad arco di una ferrovia l'ha rapato di tutta la sua ondulata bellezza. La fallace indicazione di m. 2,60 di altezza indicava solo l'acme dell'arco, non la sua caduta laterale!....

SABATO 12 GIUGNO 2004 - Partenza h. 8,45 Km 2,416

Ieri sera, dopo l'affronto subito da Don Antonio Ecovip Camper sotto lo stramaledetto sottopassaggio della ferrovia nei pressi di Saint Raphael, la combriccola del camper è piombata nel più nero sconforto.

Romano, condottiero senza macchia e senza paura, che ci ha pilotato sull'impervia salita del Montserrat, per i vicoli angusti di un paesino della costa spagnola, dentro il quale ci eravamo trovati incastrati involontariamente per carenza di segnaletica, e per la strada delle Mejanes in Camargue panoramicamente splendida, ma sterrata con cordoli e buche profonde, dopo essere salito sul tetto di Don Antonio e constatata l'orrenda ferita delle sue morbide curve laterali, ha diagnosticato un danno di cinquanta milioni di lire, si è chiesto come saremmo potuti tornare a casa se l'attrito della velocità avesse finito di scoperchiare il tetto o la pioggia ci avesse inondati e si è chiuso nel più sconsolato mutismo.

Appassiti e sbigottiti noi, sofferente Don Antonio Ecovip Camper, filiamo verso Siena non sapendo come consolarci.

La seratina conclusiva del viaggio sul lungomare di un paesino della Costa Azzurra è definitivamente sfumata, riusciamo solo a roderci il fegato ed a masticare amaro.

Alle dieci di sera, nei pressi di Albegna, s'impone una sosta. I cani chiusi da ore nei loro trasportino urlano tutta la loro voglia di pappa, di pipì, di coccole in compagnia degli umani.

Romano annuncia che lui non si sente di mangiare niente, tuttavia acconsente, per gentilezza, a sedersi a tavola con noi, invece di rimanersene rabbuiato al posto di guida.

Per fortuna la nostra italianità vince! Di fronte ad una padellata di ravioli ricotta e spinaci e gnocchetti alla sorrentina emersi come per magia dal freezer, le barriere del dolore e dello scoramento si sono ammosciate: un raviolo dopo l'altro, uno gnocchetto dopo l'altro, mezzo salsiccino secco a me, mezzo salsiccino secco a te, un sorsino di Lambrusco io, un sorsino di Lambrusco tu, un pezzettino di panettone ligure tanto per gradire, un altro tanto per assaggiare, abbiamo finito col rimpizzarci come mmm'.orti di fame ed abbiamo affogato i dispiaceri in una bottiglia di Lambrusco ed una di spumante, tanto per finire e celebrare l'ultima serata insieme.

Cani ed umani siamo poi, senza troppa resistenza, sprofondati nel meritato riposo, lasciando Don Antonio Ecovip Camper a leccarsi le ferite nel silenzio della notte.

Fra un paio d'ore saremo a Siena, ammaccati, ma tutto sommato intrepidi, pronti a rincominciare. Ogni viaggio ha le sue avventure, nel bene e nel male, ogni viaggio ci arricchisce e ci fa crescere, anche se siamo già vecchi. Si cresce perché s'impara ogni volta qualcosa. S'impara perché si conoscono cose nuove, perché siamo messi alla prova da eventi inaspettati, perché siamo rituffati nei ricordi da emozioni improvvise, perché possiamo guardarci dentro, scoprirci di nuovo, forse sorprenderci ed intenerirci per ciò che eravamo, per ciò che siamo diventati, per ciò che ancora abbiamo da apprendere o da donare.

Sorprenderci per il respiro che ancora c'è in noi, per gli occhi che ancora possono allargarsi di stupore ed incamerare le meraviglie del mondo, per il cuore che può ancora battere (battere anche per coloro che non ci sono più), per la mente che può ancora ironizzare, scherzare, accogliere la realtà senza illusioni, ma anche senza disperazioni, nella certezza di esserci ancora e di esserci con dignità e con amore.

Amore per coloro che ci sono cari, ma con cui non possiamo dividere queste esperienze, amore per coloro che sono andati "dall'altra parte della strada" e non possono più seguirci, ma che rimangono, comunque, dentro di noi per le parole che ci hanno donato, per lo spessore degli esempi che ci hanno lasciato.

Sì, i morti muoiono veramente quando noi li lasciamo morire, non finché noi li teniamo serrati nel cuore. Un cuore che diventa sempre più pesante per il bagaglio di ricordi che sostiene ogni giorno, ma sempre più ricco per l'amore che ha ricevuto da tutti quelli che lì han trovato immutata dimora in vita e tanto più dopo, quando sono passati "dall'altra parte della strada".

Erano tutti con me, dentro il mio cuore e dentro i miei occhi, quando mi sono mischiata alla gente, di notte, di fronte ai giochi d'acqua della fontana di Barcelona, erano con me, al mattino presto, al Mirador del Montserrat, erano con me quando i voli dei fenicotteri rosa nel celeste cielo della Camargue mi rapivano l'anima, erano tutti con me quando il suono di un flauto, di fronte alla Cattedrale di Arles mi ha fatto ricordare immagini di speranze graffiate dalla vita e dissolte nel passato.

Sono tutti con me adesso, che guardo senza vedere il fiume di macchine che Don Antonio Ecovip Camper, in parte riavutosi dall'offesa del sottopasso ad arco, supera con giovanile baldanza.

Sono tutti stretti, stretti nel mio cuore, i volti, i toni, i gesti, gli sguardi, la benevolenza che mi è stata rivolta e che ho ricambiato con affetto o amore.

Il modo di pronunciare il mio nome mi risuona nel cuore: l'"Albetta cara" di mio padre, l'unico a chiamarmi così ed il recente "Alllba" di Pio, affettuosamente ironico e detto con tono basso, allungandosi sulla elle ed appoggiandosi sull'ultima sillaba.

Ti consegno quest'ultimo racconto, Pio, chissà se dirai, come allora, con il tuo tono scontato che è meglio dei precedenti, procurandomi un'emozione che mi guardavo bene dal manifestare, per non eccedere in smancerie che tu non mi avresti concesso.

La risposta che cercavo all'inizio del viaggio si è costruita da sola: chi va avanti, finché va avanti, continua anche per gli altri, donandosi e donando, portando il fardello e la gioia della vita anche per coloro che l'hanno deposto, finché qualcuno raccoglierà il mio e mi porterà con sé, donandomi i suoi occhi, il suo cuore, il suo amore.

RECU - ELLE TOI

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