Mito di Apollo e Leto
Artemide e Apollo con la madre Leto, vaso attico a figure rosse, Istituto Archeologico Germanico, Roma
Queste che narriamo sono antiche leggende che ci sono state tramandate da nostri avi. Una di queste ci racconta che Zeus, dio dell'Olimpo e di tutte le cose viventi sulla terra, si era invaghito della bella Leto (Latona, secondo la mitologia latina), figlia dei titani Ceo e Febe e personificazione della notte senza stelle. Leto, non sapendo più come resistere alle insistenze di Zeus, alla fine si unì a lui. Grande fu lo sbaglio di Leto perchè da quel momento fu perseguitata da Era, moglie di Zeus, inferocita per il tradimento del marito e decisa a vendicarsi.
Leto, oramai in procinto di partorire il figlio di Zeus, vagava per tutte le terre dei mortali alla ricerca di un luogo dove poter fermarsi per dare alla luce il suo bambino. Era però aveva dato ordine a tutte le terre conosciute di non ospitare Leto, pena la sua terribile vendetta.
Cominciò così Leto a vagare per tutte le regioni del mondo alla ricerca di un luogo dove poter partorire ma nessuna la accoglieva. C'era solo una piccola isola chiamata ORTIGIA o DELO(1) che vagava senza sosta nell'oceano perchè gli era stato negato il permesso di stabilirsi in alcun luogo. A quell'isola Leto pensò di chiedere ospitalità. Alla sua richiesta l'isola Ortigia non rispose subito ma prese tempo perchè gli era stato detto che il figlio di Leto sarebbe stato cattivo e bellicoso e si sarebbe arrabbiato con l'isola per il fatto che era piccola, arida e indegna di dare alla luce un dio. Leto, comprendendo i timori dell'isola, la rassicurò e gli diede la sua parola che mai suo figlio avrebbe rinnegato la sua patria ma anzi, sarebbe stata eletta come terra del suo culto. A quel punto Ortigia rassicurata, acconsentì che Leto dimorasse presso di lei.
La dea Era appresa la notizia, decise di confondere la mente a Ilizia, la dea che procurava le doglie del parto, impedendole in questo modo di venire a sapere che c'era la partoriente Leto che da nove giorni attendeva le doglie per poter far nascere il suo bambino. Per fortuna Iride, una delle dee che assisteva Leto, intuendo l'inganno di Era, volò da Ilizia e la convinse a correre da Leto promettendole una ghirlanda intrecciata di fili d'oro. Ilizia, a(2)mmaliata dalla ghirlanda corse a Delo, provocò le doglie a Leto che mise alla luce due gemelli: Artemide e Febo meglio conosciuto come Apollo che nacquero sopra un verde prato sotto il dolce sguardo di Gea, la madre terra.
Lete con i suoi figli Apollo e Artemide, scultura in alabastro, Los Angeles County Museum of Art
Latona con i figli Apollo e Diana, 1590 circa, affresco (restaurato nel 2016), Villa Nichesola-Conforti, Ponton di Sant'Ambrogio di Valpolicella (VR)
Appena Apollo fu nutrito con l'ambrosia), il cibo degli dei, divenne subito adulto e iniziò a parlare con voce dolce e pacata dichiarando che la cetra e l'arco sarebbero stati sacri al suo culto. Successivamente in segno di riconoscenza verso Ortigia fece in modo che finalmente non vagasse più per l'oceano e la ancorò con quattro gigantesche colonne al fondo al mare e le cambiò il nome in DELO che vuol dire «brillante» perchè in quella piccola isola Leto, divinità della notte, aveva dato alla luce Apollo e Artemide due divinità della luce.
Dopo aver fatto questo Apollo lasciò l'isola di Delo e iniziò a girare per il mondo tra gli umani. Sono tante le leggende che lo riguardano ma ne vogliamo ricordare una, legata alla ricerca di un luogo dove erigere il suo primo tempio. Fra i tanti luoghi visitati un giorno arrivò a TELFUSA, un luogo tranquillo, ricco di verde, tanto che se ne innamorò e decise che lì avrebbe edificato il suo tempio. Telfusa però, non voleva che Apollo costruisse il suo tempio perchè voleva essere l'unica divinità di quelle terre. Consigliò quindi Apollo di recarsi a DELFO, città della Focide posta ai piedi del monte Parnaso dicendo che era un luogo molto tranquillo e più adatto a un dio come Apollo. Quest'ultimo, credendo alle parole di Telfusa si recò a Delo ignorando che era un luogo di una antica maledizione. In quelle terre infatti dimorava la dragonessa Pitone (che aveva allevato il gigante Tifeo, figlio di Gea e del Tartaro) che terrorizzava quei luoghi compiendo stragi e provocando enormi danni.
Apollo si rese ben presto conto che Telfusa lo aveva ingannato dato che quella regione non era affatto tranquilla e poco adatta quindi a costruire il suo tempio. Nonostante ciò non si perse d'animo e iniziò comunque a gettare le fondamenta del suo tempio. Prima però di completare l'opera si recò nel luogo dove dimorava la dragonessa Pitone e l'uccise usando tutte le frecce che Efesto gli aveva fabbricato, liberando così quelle terre da un terribile flagello. Secondo altri autori, uccise il serpente Pitone perchè si contendeva il possesso dell'oracolo di Delfo. Infatti Delfo era famosa nell'antichità per il santuario di Pito edificato dai Dori nei pressi della fonte Castalia e della grotta Coricea con Pitone guardiano del tempio e dell'oracolo che vi abitava sopra un'apertura del suolo dalla quale uscivano gas inebranti.
Apollo e il pitone, Peter Paul Rubens, 1636, Olio su tela, Museo del Prado, Madrid (Spagna)
Apollo dopo aver ucciso Pitone lo lasciò li a imputridire e da questo deriva infatti il suo nome pyzein «imputridire» e vuole la tradizione che Apollo si servì poi della pelle di Pitone per coprire il tripode davanti al quale sedeva, nel suo tempio.
Da allora Apollo viene ricordato come PIZIO che gli derivò proprio dall'aver ucciso la dragonessa Pitone. Allora Apollo istituì i GIOCHI PITICI con i quali quella regione ogni anno celebrava il ricordo della sua liberazione.
A quel punto Apollo decise di vendicarsi di Telfusa che lo aveva ingannato e dopo averla raggiunta le scagliò addosso una gigantesca rupe uccidendola. Per ricordare questa impresa molte genti presero a chiamare Apollo Telfuso e in quel luogo edificò un'ara, un luogo destinato al sacrificio agli dei per mezzo del fuoco, consacrandolo sacro ad Apollo.
A quel punto Apollo doveva scegliere fra i mortali chi sarebbe stato suo sacerdote per servirlo e diffondere il suo culto. Lungamente fu dubbioso e si guardava intorno alla ricerca di uomini giusti a cui poter concedere quel privilegio. Un giorno per caso scorse una nave cretese che trasportava dei commercianti che facevano ritorno alle proprie case. Apollo decise che quelle persone erano giuste e devote e quindi sarebbero state i suoi sacerdoti.Si trasformò pertanto in delfino e saltò sul ponte della nave e iniziò a guardare quegli uomini che terrorizzati cercavano di ucciderlo credendolo un mostro marino che voleva aggredirli. Apollo però, bloccò il timone della nave, iniziò a farla oscillare come se fosse un ramoscello e a farla andare vento in poppa verso una destinazione ignota agli attoniti commercianti. Fu così che per molti giorni e per molte notte la nave solcò il mare attraversando la Laconia, il Peloponneso, Arene, Pilo, l'Elide e Itaca per arrivare alla fine a DELFO, dove la nave si fermò.
Apollo e Urania, olio su tela 275x235 cm, circa 1789-1800 Olio medio su tela, Cleveland Museum of Art, Cleveland - Stati Uniti
Solo a quel punto Apollo si manifestò agli ignari commercianti che capirono che non avrebbero mai più fatto ritorno alle loro case e abbracciato le loro mogli e i propri figli ma che per il resto della loro vita avrebbero onorato e custodito il tempio di Apollo diffondendo il suo vaticinio ai mortali.
A quel punto quegli uomini scesero a terra e sulla spiaggia eressero un'ara in suo onore, accesero il fuoco e offerto in sacrificio della farina, cominciarono a pregare. Fu così che, dato che erano stati rapito da Apollo trasformato in delfino, lo onorarono chiamandolo DELFINIO. Quell'ara sulla quale pregarono rimase famosa per sempre fra le antiche popolazioni e, come ci narra Chio, l'antico poeta, viene ancora oggi ricordata come l'ARA DELFICA.
Tempio di Apollo a Delfi, Grecia
Fonti bibliografiche
I testi che usiamo per scrivere i nostri articoli li puoi trovare a questa pagina.
Note
- Ortigia era l'antico nome di Delo. L'isola infatti, secondo diversi autori si sarebbe chiamata Ortigia perchè Leto, per sottrarsi all'ira di Era, la moglie di Zeus, si trasformò in quaglia che in greco si dice ortyx «quaglia».
- La storia di Artemide in questo racconto non viene narrata ma è oggetto di un altro articolo.
- Ambrosia: cibo degli dei (come il nettare ne era la bevanda). Chi la mangiava conservava l'immortalità e la giovinezza. L'ambrosia si trovava nell'orto delle Esperidi ed erano le colombe che in volo la portavano agli dei. Per alcuni autori quali Alcmane e Saffo, l'ambrosia era la bevanda mentre il nettare era il cibo.