Cambia o non cambia questo benedetto clima?
nel Sahara la vegetazione invade vaste aree...
doveva essere un'estate torrida e invece
abbiamo avuto continue alluvioni
Da mesi non apparivano allarmistici annunci sullo stato del Buco nell'ozono in corrispondenza dell'Antartide, e, come succede in questi casi, la cosa cominciava a preoccuparci: forse i mass media ritenevano che non valeva più la pena di informare il pubblico perché il suo destino è ormai segnato?
Gli ultimi mesi erano stati preceduti da un quadro del clima con previsioni sufficientemente allarmanti, influenzate da un inverno particolarmente arido con basse temperature. Per le stesse previsioni avremmo dovuto aspettarci eventi calamitosi come: estate torrida, grande siccità nell'emisfero settentrionale, maggior desertificazione del nord Africa e drastica riduzione dell'approvvigionamento dell'acqua in vaste regioni del Sud.
Invece nulla di tutto questo. Puntuali sono arrivate le smentite di tante catastrofi, ma la stampa si è ben guardata dal ricordare all'uomo della strada quanto fossero azzardate e senza alcuna base scientifica formulate pochi mesi prima.
Prima di passare a esaminare le notizie attuali sulla situazione dei grandi problemi che preoccupano l'opinione pubblica, vorremmo che i nostri lettori ricordassero quanto da tempo andiamo sottolineando:
- le previsioni meteorologiche si basano su rilevazioni di parametri variabili nell'arco di pochi giorni al massimo 3-4 giorni;
- le variazioni del clima abbracciano periodi di qualche decennio, per cui le previsioni si basano su modelli statistici di relativa attendibilità, e che comunque tengono conto delle escursioni della temperatura media globale.
Ciò premesso partiamo dal Buco nell'ozono: viene comunicata la notizia che sull'Antartide in questi ultimi due anni si è riscontrata una diminuzione nell'atmosfera dei cfc (clorofluorocarburi), a seguito della loro messa al bando nell'impiego nell'industria. Nello stesso tempo veniamo informati che l'assottigliamento dello strato d'ozono va allargandosi per altri fattori climatici, ma nonostante ciò si è ottimisti che nei prossimi anni andrà gradualmente riducendosi.
Addirittura hanno potuto stabilire che la riduzione del buco nell'ozono inizierà nel 2005 per completarsi nel 2050 (vedi quotidiano la Repubblica del 18.09.2002).
Ma c'è da domandarsi che attendibilità possono avere delle previsioni a così lunga scadenza basate su osservazioni di soli due anni?
E se attualmente l'espansione dell'assottigliamento dell'ozono procede per ragioni climatiche, chi ci garantisce che queste ultime non siano preponderanti sulla riduzione dei cfc, per cui avremo sempre delle variazioni nelle dimensioni del buco?
Molti scienziati sono scettici che la presenza dei cfc sia stata la causa di tale fenomeno, ma piuttosto il meccanismo sia da ricercarsi in molti altri fattori non meglio individuati. D'altronde fin dalla loro scoperta, avvenuta nel secolo passato si costatò che gli strati d'ozono erano soggetti a variazioni nello spessore con andamento stagionale, vale a dire quando l'impiego dei cfc era quantitativamente insignificante.
Evidentemente il fenomeno del buco nell'ozono è molto più complesso di quello che può apparire dalle segnalazioni dei mass media, per cui sarebbe opportuna una maggior cautela per non creare esagerati allarmismi od ottimismi.
Comunque è certo che non esiste alcuna relazione tra l'effetto serra e le variazioni dell'assottigliamento dell'ozono, eppure spesso in articoli, ovviamente non sulla stampa qualificata, quando si parla di inquinamento automaticamente si finisce parlare di effetto serra e, tra le conseguenze negative viene citato il buco nell'ozono.
Altro argomento di cui spesso si parla è la desertificazione del Nord Africa che, secondo molti divulgatori appassionati di catastrofismo, nel giro di pochi anni si estenderà verso l'Europa iniziando dalle regioni meridionali del Mediterraneo, mentre nelle regioni più a nord s'instaurerà un clima tropicale caratterizzato da intense precipitazioni, concentrate in periodi molto ristretti.
Ma contemporaneamente sulla stampa è apparsa la notizia inattesa che in corrispondenza dei bordi del Sahara è stata riscontrato un ritorno della vegetazione in estese aree da decenni completamente desertificate.
E' prematuro dire se si tratta di un fenomeno temporaneo oppure di un'effettiva inversione del processo di desertificazione instauratosi da diversi decenni.
Un'altra considerazione da farsi sul modo da parte della stampa per informare i lettori, è il ricorso alla demonizzazione dei fattori che regolano la meteorologia, creando nell'opinione pubblica la convinzione che fino a pochi anni fa vi era una situazione climatica ideale, quasi un Eden.
Prendiamo a esempio l'articolo comparso sulla rivista FOCUS n. 120 dell'ottobre 2002, nel quale fin dai titoli si cerca di individuare in alcuni fattori la responsabilità degli eventi meteorologici.
Espressioni tipo: "Clima pazzo", "E' colpa dell'Atlantico", "Fra 10 anni il calo della salinità rallenterà la corrente del Golfo, portando il gelo in Europa", etc. creano nel lettore la convinzione che da qualche anno stiamo assistendo a uno sconvolgimento apocalittico della natura, che porrà fine a una situazione idilliaca che si protraeva fin dall'epoca delle grandi glaciazioni.
Non entriamo in merito agli argomenti portati a sostegno di tante teorie, perché sono osservazioni fatte per periodi talmente limitati nel tempo che non autorizzano alcuna estrapolazione.
Quello che intendiamo sottolineare innanzi tutto è che, limitandoci agli ultimi diecimila anni, cioè a partire dalla fine delle grandi glaciazioni, le variazioni del clima si sono alternate in senso negativo e positivo innumerevoli volte, tanto che non è possibile definire un clima permanentemente idilliaco.
Forse la situazione riscontrata durante il Medioevo può rappresentare, per quanto riguarda le nostre latitudini, quel clima mite e temperato che quasi tutti pensano che abbia in permanenza caratterizzato il Mediterraneo. Certamente il nostro clima è stato sempre più mite rispetto a quello delle regioni nordiche, ma con periodi di grandi disagi.
Basta risalire di tre secoli per rendersi conto quanto fosse diverso il clima da quello attuale: ci riferiamo alle ultime fasi della Piccola Glaciazione, iniziata nel 1350 e terminata nel 1850, durante le quali si sono avuti periodi d'esteso gelo, anche durante i mesi estivi, con conseguenti grandi carestie ed emigrazioni di popolazioni dal nord verso il sud.
A Venezia si pattinava sul ghiaccio della laguna.
A partire dal 1850 si è avuta una continua alternanza di periodi freddi e temperati, per arrivare alle condizioni climatiche all'inizio del secolo passato, con un gradiente della temperatura tendenzialmente al rialzo.
Per rendersi conto di come si siano succedute le variazioni climatiche nel passato, basta vedere i numerosi grafici sull'andamento delle temperature medie globali ricostruiti nella rubrica Clima e Ambiente, relative agli ultimi agli ultimi 100 secoli. Nei grafici non è dato individuare andamenti modulari nelle escursioni, cioè non si riscontrano cicli tali da poter ricavare uno o più modelli statistici ripetitivi e così poter formulare previsioni.
Sono tutte variazioni nei secoli passati non dovute certamente all'inquinamento delle attività umane, perché è solo nella seconda metà dell'800 l'inizio dell'industrializzazione, ma piuttosto a tutto quel complesso di fattori che regolano le acque, l'atmosfera e, cosa non trascurabile, alle influenze di fenomeni cosmici, che solo da pochi anni vengono gradualmente individuati.
I fattori, noti o ancora sconosciuti, che influenzano gli andamenti meteorologici e climatici non sono mai impazziti, ma svolgono la loro funzione in un rigido contesto di leggi fisiche, non sempre semplici e decifrabili essendo molti se non tutti interdipendenti tra loro.
Purtroppo vi è la tendenza a creare dei modelli fisici per spiegare tanti fenomeni e, se qualcuno di essi non rientrano nei comportamenti previsti dal modello, vengono considerati anomali e quindi "pazzi".
L'alternanza di periodi di scarsa piovosità con alluvioni frutto d'intense precipitazioni concentrate in brevi periodi, si sono sempre verificate. Purtroppo non abbiamo mezzi che ci permettano di prevedere con relativo anticipo gli eventi per limitare gli effetti negativi. Ovviamente i danni vengono esaltati la dove l'uomo ha provocato le condizioni ideali per generare frane, allagamenti, etc.
E' sciocco imprecare con la tradizionale espressione: Piove Governo Ladro! Sarebbe più coerente e opportuno prendersela con noi stessi e rimediare riparare il dissesto territoriale
Lo stesso dicasi per la penuria d'acqua nelle reti idriche durante i periodi di siccità, ma è inutile demonizzare la natura e invocare lo stato di calamità.
Basterebbe seriamente provvedere alla manutenzione delle reti da cui si disperdono anche il 50% delle acque, evitare gli abusi e il furto di cospicue quantità d'acqua da parte di organizzazioni malavitose, auspicare un maggior senso di risparmio tra la popolazione, etc.
Ma se è scontato che non si possono fare delle previsioni, l'uomo della strada vorrebbe sapere: il clima cambia o non cambia? E' vero che le mezze stagioni sono definitivamente sparite, tanto che si avranno solo due stagioni: l'inverno prevalentemente freddo e arido e l'estate con precipitazioni elevate e concentrate in periodi ristretti?
Certamente molte cose sono cambiate in questi ultimi decenni, ma una ripartizione delle stagioni così come esposte sopra, non è altro che una fotografia degli eventi meteorologici degli ultimi due o tre anni, in particolare del 2002, il che è troppo poco per parlare di cambiamenti climatici permanenti.
Comunque non demonizzate la Natura perché essa è quello che è, frutto di un processo che dura da miliardi di anni. Altrimenti non vi resta che emigrare su un satellite o pianeta più consono alle vostre caratteristiche e crearvi un habitat artificiale. Ma quale monotona e triste vita verreste a condurre!