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Giornata delle Foibe

Giorno del ricordo per le vittime della guerra partigiana slovena contro i tedeschi e gli italiani; dopo l’8 sett., soprattutto nel giugno del ’45, a Trieste e nell’entroterra istriano vennero uccisi e gettati nelle foibe da 5000 a 17000 italiani che si opponevano al disegno di annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Ricorda anche l’esodo forzato di istriani, fiumani e dalmati.

Le Foibe oggi
La foiba di Pisino (paese dell'attuale Croazia prima dell'Istria) che fece parte dell'Italia dal 1920 al 1947 (Nota 1)
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Testimonianza di un “profugo”

Ottobre 1955 – ho sette anni quando la mia famiglia, da Pirano d’Istria, zona B, con regolare nullaosta delle autorità titine, abbandona la casa e la campagna di proprietà del nonno e, viaggiando in corriera per trenta chilometri, giunge a Trieste. Chiedo a papà: - Stiamo andando a trovare gli zii che vivono a Trieste? E papà risponde: - No, sono loro che verranno a trovarci al Campo Profughi dove alloggeremo temporaneamente.

Dopo qualche settimana di permanenza in una fredda e umida baracca del Campo Profughi, la mia famiglia si mette di nuovo in viaggio, questa volta in treno. Chiedo a papà: - ora dove stiamo andando? E papà risponde: - andiamo a Taranto, dove ho fatto il militare, la guerra e mi sono sposato; e dove c’è zio Francesco, fratello della mamma, che si è offerto di ospitarci. Dopo un interminabile viaggio in treno, giungiamo finalmente alla stazione di Taranto. Qui conosco lo zio Francesco che ci accoglie calorosamente e poi, in carrozza, ci porta a Statte, a casa sua.

Novembre 1955 – inizio a frequentare la seconda elementare, con compagni di classe che parlano un dialetto per me incomprensibile, ma solo inizialmente. Il Maestro Aurelio Cassani, toscano, mi accoglie benevolmente, ma resta sorpreso dalla mia strana pagella della prima elementare. La pagella risulta rilasciata dalla Repubblica Popolare di Slovenia, Distretto di Capodistria, per Scuola Elementare Italiana;

Pagella di un sopravvissuto alle Foibe

è scritta in italiano e sloveno, con voti 4 e 5, rispettivamente corrispondenti ai giudizi molto buono e ottimo. Dopo qualche giorno di scuola e dopo aver scritto correttamente alcuni pensierini, il maestro Cassani mi chiede di mostrare il mio quaderno al maestro Rago, nell’aula accanto. Perché mai? Sotto i pensierini, il disegno di una bandiera: quella jugoslava con la stella rossa!

LA VITA…CONTINUA

Nell’anno seguente andiamo ad abitare dallo zio Vittorio, cognato di papà e di zio Francesco, in un comodo scantinato della casa in costruzione. Lo zio Vittorio, compagno d’armi di papà durante il periodo di guerra, ora doveva difendersi dalle critiche maligne per l’ospitalità offerta ad una famiglia di profughi.

Il nonno Antonio ottantenne, sradicato dal paese natio e dalla sua campagna, trova nel vicinato qualche aiuola da coltivare a radicchio. Papà Pietro trova lavoro come manovale. La mamma Lucia bada alle faccende domestiche e collabora con sua sorella Antonietta, moglie di Vittorio. I Figli F. e P. crescono e la vita continua.

Qualche riflessione

Papà ha fatto il marinaio di leva a Taranto nel 1929-1930, è stato richiamato a Taranto nel periodo di guerra 1943-45, si è sposato a Taranto nel 1946 ed è tornato a Pirano a coltivare la terra con il nonno Antonio. Si viveva portando al mercato i prodotti della terra: patate, pomodori, fagioli, piselli, ciliegie, uva…

Al mercato, detto piazza delle erbe, si fermava spesso mamma Lucia, “l’italiana”. Nel periodo 1947-1955, la popolazione italiana abbandonava l’Istria e Pirano, che venivano ripopolate da gente jugoslava, portatrice di un crescente odio verso gli italiani. Nel 1955, un chilo di zucchero era venduto ad un italiano ogni dieci slavi. La scuola elementare italiana viene abolita. Avrei dovuto iscrivermi alla prima elementare slovena. Il duro lavoro della campagna non permetteva più la sopravvivenza tranquilla.

Oltre a papà e mamma, anche il nonno si convince, a malincuore, ad abbandonare la proprietà e diventare profugo. Hanno potuto portare con sé soltanto la camera da letto ed i semplici mobili della cucina che ancora esistono.

I miei genitori non mi hanno mai fatto pesare la difficile situazione che hanno vissuto prima e dopo del rimpatrio. Soltanto da grande ho saputo delle tragedie della guerra, del dopoguerra e delle foibe.

A Taranto, qualche anno fa, per iniziativa dell’associazione giuliano-dalmata, la piazzetta adiacente al Gambero è stata denominata in ricordo dei martiri delle foibe; nottetempo il supporto marmoreo è stato frantumato ed accanto sono comparse scritte xenofobe. Vien da dire che al peggio non c’è mai limite.

Nel 1975, munito di passaporto e accompagnato dallo zio Giovanni, fratello di papà, sono tornato a Pirano, per rivedere i miei luoghi d’infanzia. Nella casa dove sono vissuto, ora abita una famiglia ex-italiana, proveniente da Nova Goriza, ossia dalla frazione di Gorizia passata alla Jugoslavia. Il capofamiglia mi racconta che nel periodo di guerra è stato militare in Calabria, ha disertato ed ha salvato la pelle perché aiutato dalla buona gente del posto e, dopo mille peripezie, è tornato a casa. L’amministrazione jugoslava gli aveva affidato la casa ed i terreni lasciati da noi.

La Jugoslavia non esiste più da quando si è frantumata in diversi Stati indipendenti. Oggi la cittadina di Pirano appartiene alla Slovenia e questa appartiene all’UE. Per visitare Pirano basta la carta d’identità, ma non te la chiedono nemmeno. A cinque chilometri da Pirano, pure affacciata al mare, c’è Portorose, ricca di alberghi e casinò, una piccola Las Vegas.

Nota. Abbiamo riportato questa testimonianza con la convinzione che non abbiano mai più a verificarsi situazioni del tipo descritto. Non basta una GIORNATA a capirlo; occorre una vita con momenti di sincera, spassionata analisi dei “nostri” comportamenti.

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Note

1. Immagine concessa sotto licenza per gentile concessione di Michael J. Zirbes (Mijozi)

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