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L'alter Dionysos: il dio tracio

Dioniso (Bacco) in un dipinto del Caravaggio
Bacchino malato di Caravaggio (1571-1610),
Galleria Borghese, Roma (Italia)
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di Linda Torresin
Dottorato in Lingue, culture e società moderne
Università Ca’ Foscari (Venezia), 825519
nottibianche@alice.it

Dioniso come xenikós dáimōn

Il Dioniso tracio, così come quello ellenico, è un dio che si mostra e si occulta. Atipiche sono le epifanie (31) di Dioniso: accanto ad Apollo (32) – nota M. Detienne – il dio più epidemico del pantheon è sicuramente Dioniso che fa della parusía una maniera privilegiata di agire. Dioniso è per eccellenza il Dio che viene: appare, si manifesta, viene a farsi riconoscere. Epifane itinerante, Dioniso organizza lo spazio in funzione della sua attività deambulatoria. Lo si trova dappertutto; in nessun luogo è a casa sua (33).

Nelle sue peregrinazioni, “che proceda sorridente, o che si slanci infuriato, Dioniso si presenta sempre sotto la maschera dello straniero”, come “il dio che viene dal di fuori” (34), lo xénos. La maschera di legno d’olivo (prósopon) ritraente Dioniso trovata dai pescatori di Metimna (35) restituisce il ritratto proteiforme del dio, al tempo stesso partecipe della grecità ed alieno ad essa:

È un’immagine che propone un enigma, un’effige da decifrare, una potenza ignota da identificare. C’è in essa qualcosa di divino, ma un divino diverso da quello di cui partecipano gli dèi ellenici. Diverso nel senso che c’è su questo volto qualcosa di strano e di straniero, in conformità del doppio significato del termine xenos (36).

Dioniso è xénos o xenikós dáimōn (demone straniero) in quanto “straniero”, ossia cittadino greco appartenente ad una comunità vicina a cui si offre ospitalità (37), ma anche perché “strano” (38).

“Attraverso la maschera che gli conferisce la sua identità figurativa Dioniso afferma la sua natura epifanica di Dio che senza posa oscilla tra la presenza e l’assenza” (39).

Dioniso a Policoro, rilievo antico - Museo Archeologico Nazionale della Siritide, Policoro (Matera) Basilicata
Dioniso, rilivo antico (fine III - inizi II secolo a.C.)
Museo Archeologico Nazionale della Siritide, Policoro (Matera), Italia

Festeggiando le Trieteriche

Le parusie di Dioniso erano il meccanismo dominante delle Trieteriche, cerimonie di origine tracia celebrate in molte zone della Grecia ogni due anni o, più precisamente, al principio del terzo anno, che cadeva ogni due anni di interruzione del ciclo festivo calendariale.

Le Trieteriche erano destinate a commemorare il ritorno (parousía) di Dioniso, simbolo del ciclo naturale di morte e rinascita, in stretta connessione con il mondo agrario (40). Secondo antiche credenze (41), infatti, il dio medesimo appariva in mezzo alle sue adoratrici in forma di toro (42). Prese dalla divina manía, le fedeli accoglievano Dioniso, costituendone il corteo danzante o thíasos (43). L’identificazione fisica e psichica con il dio veniva raggiunta grazie alla manducazione delle carni crude dei vitelli sacrificati (diasparagmós) e al travestimento animale dei partecipanti al rito (44).

Mentre nelle Dionisie, feste pubbliche e diurne, si onora il Diónysos ellenico del vino e dell’ebbrezza, le Trieteriche possono essere considerate una festa biennale del ritorno delle anime dei defunti, e producono, come tali, una testimonianza preziosa della religiosità tracia ((45).

Dioniso, statua in marmo del tipo Madrid-Varese, copia romana di un originale greco datato 125-100 a.C.
Dioniso, statua in marmo del "tipo Madrid-Varese", copia romana di un originale greco datato 125-100 a.C. - Museo del Prado, Madrid (Spagna)

Un dio complesso

Des traits qui, au premier abord, peuvent passer pour inconciliables parce qu’ils semblent nous orienter dans des directions tout opposées, non seulement coexistent, mais, à une réflexion plus poussée sur ce qu’est une physionomie divine de ce genre, apparaissent complémentaires et en corrélation intime et profonde. Les affinités de Dionysos du côté de la mythologie végétale le prédisposent, à coup sûr, à jouer le rôle d’un dieu du renouveau printanier. Mais il n’est nullement contradictoire que ce daïmôn, dont la présence se fait sentir dans la vie mystérieuse dont s’anime périodiquement la nature dans son aspect végétal, ne soit en même temps l’émissaire du monde souterrain où cette vie puise sa source et le seigneur des âmes défuntes qui sont cette vie même (46).

La poliedricità di Dioniso ne fa un dio sfuggente e complesso, difficilmente indagabile in tutte le sue manifestazioni (47), ma non per questo meno interessante e degno di studio.

Il divario fra i nostri strumenti di approccio e la realtà storica antica resta sostanzialmente incolmabile.
Il che non toglie nulla alla responsabilità di ciascuno di noi di confrontarsi con quanto,
del mondo antico, sopravvive nel nostro.
Riflettere su Dionysos e parlare di Dionysos resta un dovere e una sfida,
anche se non sarà possibile afferrarne e assimilarne tutta la sostanza.

C. Isler-Kerényj, Dionysos nella Grecia arcaica. Il contributo delle immagini,
Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali 2001, p. 26.

Bibliografia

  • M. Detienne, Dioniso a cielo aperto, trad. di M. Garin, Bari: Editori Laterza 19882.
  • M. Detienne, Dionysos mis à mort, Paris: Gallimard 19982.
  • A. Fol, Trakijskijat Dionis, kn.1: Zagrej, Sofija: U. I. Sv. Kl. Ochridski 1991.
  • A. Fol, Trakijskijat orfizăm, Sofija: U. I. Sv. Kl. Ochridski 1986.
  • V. Fol, Antični ostatăci v običaja Kukerov den, in II meždunaroden kongres po bălgaristika. Dokladi. Folklor, t. 15, Sofija 1988, pp. 388-396.
  • F. Frontisi-Ducroux e J.-P. Vernant, Figures du masque en Grèce ancienne, in «Journal de Psychologie» 1983, pp. 53-69.
  • Ph. Gauthier, Notes sur l’étranger et l’hospitalité en Grèce et à Rome, in «Ancient Society», 4, 1973, pp. 1-21.
  • C. Isler-Kerényj, Dionysos nella Grecia arcaica. Il contributo delle immagini, Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali 2001.
  • H. Jeanmaire, Dionysos. Histoire du culte de Bacchus, Paris: Payot 1970.
  • K. Kerényi, Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile, trad. di L. Del Corno, Milano: Adelphi Edizioni 1998super">3.
  • V. Macchioro, Zagreus. Studi intorno all’orfismo, Firenze: Vallecchi Editore 1930.
  • K.O. Müller, Kleine Schriften, II, 1848.
  • W. F. Otto, Dionysos, Frankfurt am Main: Klostermann 20112.
  • A. Privitera, Dioniso in Omero e nella poesia greca arcaica, Roma: Edizioni dell’Ateneo 1970.
  • E. Rohde, Psyche. Seelencult und Unsterblichkeitsglaube der Griechen, Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft 1991, II.
  • J.-P. Vernant, Le Dionysos masqué des Bacchantes d’Euripide, ne «L’homme», 93, 1985, pp. 31-58.
  • L. Weniger, Theophanien, altgriechische Götteradvente, Archiv für Religionswissenschaft – Freiburg im Breisgau-Berlin XXII 1923-1924.

Note

31. L’epifania di un dio è resa in greco dai termini epipháneia ed epidēmía (v. L. Weniger, Theophanien, altgriechische Götteradvente, Archiv für Religionswissenschaft – Freiburg im Breisgau-Berlin XXII 1923-1924, p. 16 sgg.).

32. “Apollon et Dionysos, entre autres traits communs, offrent ce caractère d’être tous deux des dieux à épiphanie, dont on célèbre périodiquement soit la venue dans leur sanctuaire, soit la manifestation parmi leurs fidèles” (H. Jeanmaire, op. cit., p. 37).

33. M. Detienne, Dioniso a cielo aperto cit., p. 11. Continua l’autore: “C’è in Dioniso una pulsione ‘epidemica’ che ne fa qualcosa di diverso dagli altri dèi caratterizzati da epifanie regolari, programmate e sempre inserite nell’ordine delle feste ufficiali del culto, ognuna a suo tempo” (Ibidem).

34. Ivi, p. 15.

35. Cfr. Pausania, Periegesi della Grecia X, 19, 3.

36. M. Detienne, Dioniso a cielo aperto cit., p. 16.

37. Cfr. Ivi, pp. 16-18. V. Ph. Gauthier, Notes sur l’étranger et l’hospitalité en Grèce et à Rome, in «Ancient Society», 4, 1973, pp. 1-21. “In nessun luogo Dioniso è considerato un dio barbaro. Nemmeno quando i suoi furori sembrano relegarlo definitivamente nella barbarie” (M. Detienne, Dioniso a cielo aperto cit., p. 17), a differenza, ad esempio, dell’Artemide Orthia, la cui statua fa impazzire i fedeli, che si ammazzano fra loro presso l’altare (cfr. Ibidem).

38. “È lo straniero che porta con sé qualcosa di strano” (Ivi, pp. 20-21).

39. Ivi, p. 18. Sulla simbologia della maschera v. W. F. Otto, Dionysos, Frankfurt am Main: Klostermann 20112, pp. 80-85; F. Frontisi-Ducroux e J.-P. Vernant, Figures du masque en Grèce ancienne, in «Journal de Psychologie» 1983, pp. 53-69; J.-P. Vernant, Le Dionysos masqué des Bacchantes d’Euripide, ne «L’homme», 93, 1985, pp. 31-58. Secondo K. Kerényi la maschera fa sì che colui che la indossa diventi intermediario tra la vita e la non-vita: “La maschera procurava a coloro che non erano mascherati una percezione del vivente stranamente sdoppiata: esso era nello stesso tempo straordinariamente vicino e lontano. Questa era la sensazione che doveva provocare il dio stesso, quando era solo un viso: quando appariva agli uomini con tratti umani veniva percepito come colui in cui la zōé si manifestava in modo più immediato che in qualsiasi altra forma di vita e che tuttavia era un non vivente, quasi fosse distaccato da tutto ciò che vive” (K. Kerényi, op. cit., p. 95)

40. “Nella trietērís la periodicità della natura è interrotta, e tuttavia nello spazio di un anno viene realizzata nel segno della vita la paradossale riunione di vita e morte” (Ivi, p. 193).

41. V. Euripide, Baccanti 920 sgg., 1020 sgg.

42. Sul toro come simbolo della zōé o vita infinita v. K. Kerényi, op. cit., pp. 69-71.

43. La danza permette alle seguaci di Dioniso riunite in piccoli gruppi – i bakcheía – di entrare nell’estasi (cfr. Platone, Ione 531 A). In preda a visioni e allucinazioni, le donne avvertono profumi di Siria (cfr. Euripide, Baccanti 142 sgg., 106 sgg.) e non sentono più il dolore (cfr. Ivi, 757 sgg.; Ovidio, Tristia 4, 1, 41 sgg.; Seneca, Troad. 628 sgg.). L’enthousiasmós (invasamento) trieterico è riconducibile alle pratiche sciamaniche per E. Rohde, op. cit., pp. 24-27.

44. Sulle Trieteriche v . Ivi, p. 12 sgg.; H. Jeanmaire, op. cit., pp. 170-174; K. Kerényi, op. cit., pp. 183-253.

45. La qualificazione di Dioniso Trietērikós come dio dell’oltretomba – alla base dei rituali traci – trova un parallelo nel mondo minoico: a Creta Dioniso veniva ritenuto figlio di Zeus e Persefone; di qui l’appellativo di Chthónios o Sotterraneo (cfr. Diodoro Siculo, Bibliotheca historica V, 75, 4; Firmico Materno, De errore profanarum religionum VI, 5). I mesi invernali in cui si collocavano le feste bacchiche erano, non a caso, proprio quelli in cui, nella visione degli antichi, si manifestavano le forze oscure e le anime dei defunti visitavano la terra (cfr. H. Jeanmaire, op. cit., p. 38).

46. Ivi, p. 55.

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