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Come si protegge la biodiversità agricola nel Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga

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Le aree protette in Abruzzo (3 parchi nazionali, 1 regionale, e 100 riserve circa, in totale 30% di territorio tutelato) costituiscono un enorme patrimonio naturalistico che le collettività e le politiche locali sono tenute a salvaguardare, pena l’ irreversibile processo di degrado ed impoverimento di tutto il sistema socio-culturale-ambientale.

Pertanto negli ultimi 10-15 anni si sono succedute all’interno delle aree protette attività progettuali di vario tipo volte alla salvaguardia e recupero delle più importanti e caratterizzanti risorse agro-silvo-pastorali: floro-paesaggistiche, zootecniche, agroalimentari, agrarie e forestali.

I territori del Parco nazionale Gran Sasso-Laga (di circa 200.000 ha) sono abbastanza estesi coinvolgendo 3 regioni, 5 province e 44 comuni molti dei quali localizzati in aree quasi impervie ed irraggiungibili tali da costituire dei veri baluardi della ruralità intesa come presidio del territorio montano in cui convergono storiche ed antiche strutture come ruderi di castelli, chiese, abbazie, casali e borghi abbandonati e ristrutturati, vecchi stazzi e dimore di pastori abbandonati ed ancora utilizzati, paesini con qualche decina di abitante medioevali e rinascimentali in cui ancora si respira un’atmosfera di tempi antichi e di sapori dimenticati.

I paesaggi agrari di tali ambienti affondano le radici fin nel periodo italico.

Essi si caratterizzano in : terrazzamenti, campi aperti di lenticchie cicerchie, patate e zafferano, mandorleti, vigneti ed oliveti, pascoli d’alta quota.

I prodotti tipici che ne derivano e che hanno conquistato anche le denominazioni IGP sono: la Lenticchia di S. Stefano di Sessanio, la Cicerchia di Castelvecchio Calvisio, i Ceci neri e rossi e lo Zafferano di Navelli, il Moscatello di Castiglione a Casauria ed il vitigno Pecorino delle colline del fiume Tronto, le castagne della vallata del Tronto.

La pastorizia transumante abruzzese ha rappresentato un punto di riferimento fra il mezzogiorno ed il nord Italia poiché sin dal 700 le greggi transumavano dall’Abruzzo al Tavoliere di Puglia e successivamente alla campagna romana.

Gran Sasso e Monti della Laga

Le razze pioniere della transumanza abruzzese sono la Gentile di Puglia e la Sopravvisana ad attitudine lattifera ed anche per la lana, soprattutto la Gentile.

E’ proprio grazie alla transumanza che si sono formati borghi e città come la stessa L’Aquila che hanno aggregato intere comunità e che ora costruiscono un polo attrattivo di forte richiamo proprio per le peculiarità intrinseche e quasi incontaminate di alcune realtà.

Nel corso degli ultimi anni si è costituita una rete di collaborazione fra vari enti che ruotano intorno al parco come i GAL, L’ARSSA, 4 presidi Slow Food, Consorzi di produttori ed Associazioni; tutto ciò per rendere meglio fruibile il complesso sistema dell’area protetta anche piuttosto eterogenea data la compresenza di 3 regioni e 44 comuni che abbracciano quasi tutto il territorio tutelato ricadente nell’Italia centrale.

Gli interventi progettuali più significativi realizzati in questi ultimi anni dal Parco prevedono:

  • il recupero del germoplasma di varietà e cultivars orticole, cerealicole e frutticole autoctone per il recupero di antiche varietà a rischio estinzione con il contributo necessario degli agricoltori che fungono da “protettori” delle stesse (var.di patata Turchesa, var. di patata Fiocco di neve, var.di grano tenero Solina, var. di mele Renetta e mandorli locali);
  • il recupero di specie faunistiche di pregiato valore ambientale come il Camoscio d’Abruzzo;
  • il recupero della flora locale (Genepì appenninico);
  • la valorizzazione, lo stoccaggio e la commercializzazione di lana di tosa, trattata e lavorata;
  • la valorizzazione e tipicizzazione dei mieli dell’area protetta;
  • la valorizzazione dei pecorini locali (Pecorino di Farindola e Canestrato di Castel del Monte).

Tutte le attività sono realizzate in collaborazione con diversi enti: GAL locali, Università dell’Aquila e di Roma, FAI (Federazione Apicoltori Italiani).

Gran Sasso e Monti della Laga

Gli strumenti attraverso i quali i Parchi intervengono sul territorio sono:

1) il piano del Parco
2) il piano socio-economico del Parco.

Gran Sasso e Monti della Laga

Si nota come l’estensione delle aree interessate da usi agricoli, individuate nelle classi “seminativi in aree non irrigue”, “sistemi colturali e particellari complessi”, “aree occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali”, “prati stabili” ed “oliveti” che nel complesso occupano circa il 5,6% del territorio siano ridotte rispetto alla copertura di aree boschive che invece si estende per quasi 70.000 ha pari a circa il 48% del totale territorio ad area protetta.

Una superficie pari a circa la metà di quella a coperture boschive sono le “aree a pascolo naturale e le praterie di alta quota” che occupano ben il 24% del territorio, concentrate principalmente nel versante sud-occidentale del massiccio del Gran Sasso dove solo i pascoli dell’altopiano di Campo Imperatore si estendono per più di 10.000 ha e sui Monti della Laga occupano tutte le aree al di sopra dei 1700 m .

E’ evidente la presenza nel Parco di alcuni comprensori a più spiccata vocazione agricola per la concentrazione delle varie forme di uso agricolo del suolo e soprattutto dei seminativi come la conca di Amatrice e la Piana di Capestrano.

Nelle aree più marcatamente montane la forma prevalente di attività agricola è quella dei pascoli permanenti mentre del tutto marginale risulta quella dei seminativi; tale situazione ha portato ad un’intensificazione della zootecnia estensiva principalmente ovina transumante. Attualmente però si assiste ad uno sviluppo di quella stanziale.

Il versante del Parco dove si riscontra un’agricoltura di tipo professionale è quello laziale con particolare riferimento alla conca di Amatrice: qui alla base dei monti della Laga una vasta zona quasi pianeggiante intensamente coltivata a cereali e foraggere con presenza di numerose aziende agricole ad indirizzo zootecnico con bovine lattifere. Altra zona interessante è la piana di Capestrano dove si coltivano cereali e foraggere in pianura ed olivi in collina.

Una particolare connotazione hanno poi alcuni comuni come Castel del Monte, Calascio, Castelvecchio, Calvisio e S. Stefano di Sessanio dove si riscontra un sistema diffuso di campi aperti fino a quote 1300-1400 m.

Gran Sasso e Monti della Laga

Anche qui si è di fronte ad un tentativo estremo di strappare spazi per la coltivazione ad ambienti naturali dando così origine alla formazione di un sistema di campi coincidenti spesso con vallette nivali all’interno delle quali la pioggia ha favorito l’accumuno sui fondovalle di suolo più adatto alla crescita di piante, che con la tenace azione dell’uomo è stato trasformato in terreno adatto alla coltivazione.

In questi campi si coltivano alternativamente cereali, cereali minori e piccoli legumi (lenticchie, ceci).

Una sua specificità presenta tutto il versante settentrionale ed orientale dei monti della Laga dove ormai è scomparsa del tutto l’attività agricola professionale e gli spazi una volta coltivati sono ormai sostituiti da vegetazione spontanea.

In materia di agricoltura sono le regioni che decidono attraverso l’applicazione del PSR (Piano di Sviluppo Regionale) e delle relative misure.

Oltre agli Atti Obbligatori e Norme relativi alla Condizionalità, obbligatoria per le aziende agricole dal 2005) esiste anche la legge 394/91 (legge quadro sulle aree protette) che prevede la redazione del 1) Piano del Parco e 2) Piano socio-economico del Parco.

Attraverso progetti nazionali e regionali in convenzione con Gal locali, Italia Lavoro e Regione il Parco ha cercato in questi ultimi 10 anni di mettere in piedi un sistema di relazioni ed infrastrutture coinvolte nella diffusione e tutela di interessi locali.

Da qualche anno è stato istituito il Servizio agro-silvo-pastorale.

Attualmente tutte le aziende che vogliono utilizzare, per la commercializzazione di prodotti, il logo del Parco del Gran Sasso-Laga devono sottostare a norme di certificazione di qualità ambientale, le ISO 14.000 o ad altri protocolli di certificazione nazionale stabiliti dagli organi certificatori.

I disciplinari emanati dall’ente parco devono essere rispettati ed attraverso il controllo degli enti certificatori viene garantita la loro applicazione da parte delle aziende.

Gli Enti Parco in generale non si occupano direttamente di agricoltura ma della salvaguardia della sua biodiversità sì, attraverso lo sviluppo dei Piani del Parco e l’attuazione di tutti i regolamenti di carattere specifico attinenti alla manutenzione delle aree protette al loro interno come:

  • Tutela e salvaguardia rispetto al divieto di accensione dei fuochi
  • Tutela e salvaguardia rispetto al divieto di campeggio libero
  • Tutela rispetto al divieto di transito delle auto
  • Tutela rispetto al divieto di utilizzare senza opportuna richiesta il logo del parco per la commercializzazione dei prodotti
  • Tutela delle aziende attraverso il risarcimento economico per danni subiti alle colture
Gran Sasso e Monti della Laga

Ci sono esempi, negli anni passati, di mancata od inadeguata aggregazione dell’offerta commerciale dei prodotti tipici come ad esempio il pecorino Canestrato di Castel del Monte ed il pecorino di Farindola (attualmente entrambe DOP) per i quali si è rispettivamente trascurato:

  • l’elemento principale della filiera cioè la sua artigianalità a vantaggio di un progetto cooperativistico poi fallito causa la sua caratteristica troppo incisivamente imprenditorialistica (per il pecorino di Farindola);
  • l’elemento di tutela dei piccoli produttori da parte delle amministrazioni locali a fronte di un unico grande produttore specializzato che si era conquistato la sua grossa fetta di mercato.
    In entrambi i casi si è rivelata una scarsa od inesistente tutela dei prodotti e dei produttori da parte delle istituzioni locali appunto con conseguente disomogeneizzazione e disaggregazione dell’offerta con fallimenti delle iniziative associazionistiche e cooperativistiche a svantaggio della totale comunità rurale e non.
    Il loro delicatissimo ed importantissimo ruolo viene ovviamente tutelato e supportato sia tecnicamente sia economicamente dall’Ente Parco stesso, dall’Agenzia per lo sviluppo agricolo (ARSSA) e dai Gruppi di gestione Locale (GAL) attraverso la realizzazione di progetti di valenza nazionale ed internazionale.

E’ auspicabile quindi in Abruzzo che tra gli Enti Parco, i produttori e le istituzioni locali ci sia un continuo scambio ed una continua sinergia affinchè si possano valorizzare e migliorare le realtà rurali ed agrosilvopastorali delle aree protette.

Negli ultimi 10-15 anni questo sforzo è stato notevole data anche la mole di progetti ed iniziative sia regionali che nazionali messi a disposizione.

E’ necessario ora un ulteriore sforzo affinchè queste potenzialità diventino a tutti gli effetti realtà attraverso la radicalizzazione e lo sviluppo degli obiettivi prefissati in uno sforzo comune di appartenenza ad uno stesso patrimonio. I parchi nazionali ed i SIC (Siti di importanza Comunitaria) sono le aree che proteggono maggiormente porzioni di territorio con alti valori biologici ed esistono tuttavia anche aree ad alta biodiversità, generalmente territori pedemontani che restano esclusi dalla protezione.

Il recupero di varietà e cultivars locali di ortaggi e fruttiferi si inserisce in diversi progetti promossi e realizzati attualmente dall’Ente Parco insieme a Università, GAL, ARSSA ed ha l’obiettivo di offrire agli agricoltori l’opportunità di utilizzare sementi locali autoctone e di commercializzarne i prodotti finali diventando in tal modo i “Custodi” della biodiversità agricola del Parco.

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