Viaggio in Francia
Rapelle - toi
Rapelle - toi
Ancora i tre impavidi camperos del racconto di viaggio ¡RECUERDA! alle prese con nuove avventure in suol di Francia.
Ancora emozioni, riflessioni, esperienze culinarie e dolorose introspezioni nello snodarsi dei chilometri sulle autoroutes francesi nel cuore dell’autunno, prima che l’inverno costringa i nostri camperos ad una pausa di riposo.
Tequila
Abril
Bonita
Giovedì 7 novembre 2002 Partenza ore 8.06 - km 0,00
Parigi val bene un…azzardo!!!.
Certo non c’è più il sole dell’Andalusia a riscaldarci né la sua luce a proteggere il nostro cammino: da ieri l’inverno c’è piombato addosso con tutta la sua severità.
Ci aspetta il passo del Frejus (forse innevato) e con esso gli scuotimenti di testa misti a sincera apprensione dei nostri familiari: "…ma che vi mettete a fare… con questo tempo…c’è il gelo …in camper…di questa stagione…siete vecchi (…caso mai ce lo dimenticassimo!). Ma noi testardi come muli non demordiamo…. E confidiamo in Padre Pio!
Le cagne dormono serene, ignare dell’avventura che le aspetta; stavolta il femminile impera, abbiamo sempre un cane a testa, ma sono tutte femmine di cui due in calore. Romano in netta minoranza è l’unico maschio della spedizione.
Romano
Mimma
Io
L'altro macho, il Pepito, che percorse con noi l'Andalusia in lungo e largo, è dovuto restare a casa in ritiro spirituale, grazie proprio all'estro delle due femmine che gli abbiamo proditoriamente sottratto, portandocele fino a Parigi, pur di allontanarle dalla sua infallibile tecnica "...una botta e via..!"
Certo ci mancheranno il suo equilibrio, la sua saggezza di capo branco, il suo dolce sguardo intelligente: senza la sua guida, chi ci salverà da queste tre femmine isteriche, litigiose ed in calore?! …..Riconfidiamo in Padre Pio.
Ore 14.30. Entriamo in Francia: à nous Paris!
Nelle vicinanze di Lion, la France ci accoglie con un tramonto di seta. Abbiamo superato indenni il nevischio del Frejus, abbiamo lasciato alle spalle le dure vette alpine, rigide e taglienti, remote e lunari nel loro distacco di ghiaccio.
Adesso, a fine pomeriggio, il sole prorompe gioioso in mezzo ad un tripudio di nubi colorate, gonfie, leggere, violacee o dorate.
La sera sembra più lunga perché siamo più ad ovest, la pianura sembra più protettiva, dopo la crudezza delle vette e la Francia ci accoglie ospitale con uno sfolgorante tramonto di mezz' autunno.
Venerdì 8 novembre 2002 Partenza ore 8.30 – km. 807
Partiamo accompagnati da un sole fulgente, risciacquato dai gelidi scrosci di pioggia di ieri notte. Abbiamo dormito "abbracciati" ad un drug store, sotto luci spietate che c’illuminavano a giorno anche nel più profondo cuore della notte, ma ci rendevano anche inaccessibili aux voleurs francais
La campagna della Bourgogne ci accompagna ai lati de l'autoroute nella sua livrea autunnale: i gialli intensi si mischiano ai verdi sbiaditi, i marroni bruciati al rosso cupo delle viti, mentre gli alberi da frutto, già spogli, interrompono a tratti, con i loro filari vuoti, il susseguirsi degli accesi colori autunnali.
Sembrano ricordarci che l'inverno è in agguato, pronto ad imbrigliare ogni esplosione di vita, ma che per il momento concede ancora alla natura di esaurirsi in un estremo delirio di sfumature, tonalità, impennate di luce colorata.
E' già rincominciato il tormentone delle acque: vider l'eau claire et l'eau noire et remplir l'eau potable. Pour le moment nous avons seulement vidé l'eau claire, mais avant d’arriver à Paris nous devons absolutement vider le cabinet chimique.
Encore 340 Km pour Paris, la Ville Lumière, la tour Eiffel, la grandeur, Napoléon, l'histoire, Nôtre Dame, le Moulin Rouge, Toulouse- Loutrec, Montmartre, la Rive Gauche, l'Existencialisme, le 68... combien de memoires et de charme !
« Bonjour… excusez-moi monsieur (ouvrier du nettoyage des cabinetes de l'autoroute)».
«Bonjour, madame !... » (Oh Dio, ti senti una signora!).
«Pour vider le cabinet chimique» (altrimenti detto cesso)?
«Il n 'y a rien madame, desolé».
«Merci beaucoup, au revoir».
«Au revoir».
Dio, come fa fino!!! Ma il cesso rimane pieno.
E' fatta: l'operazione concimazione campagne française est commencée. En fin en paix, de course à Paris: un langoureux soleil nous amène!
Ore 14.00 Prossimi a Parigi
Il languido sole che ci accompagnava stamattina si è allontanato dietro un'opaca pioggerella ventosa...ah, il sole caliente dell’Andalusia...ma Parigi val bene una...pioggia!
Il rassicurante borbottio delle fettuccine che bollono sul fuoco ci consola della pioggia scrosciante che investe il camper da tutti i lati, piccolo rifugio invero da opporre alla violenza delle intemperie, ma che comunque funziona.
Siamo parcheggiati à Le Bourget, mitico aeroporto che accolse Lindberg al termine della prima avventurosa e solitaria trasvolata atlantica.
Per tre ore abbiamo cercato il "famigerato" Parc des Expositiones de Le Bourget, convinti che fosse un parco parco, invece solo il nome evocava l'idea di un giardino, in realtà le Parc des Expositiones è all'interno del recinto aeroportuale, attrezzato con capannoni, hangar e piste di decollo ed atterraggio per piccoli aerei.
Assaporiamo in religioso silenzio il materno, caldo sapore delle fettuccine in bianco, appena arricchite dal gusto un po' esotico di alcuni dadini di salmone affumicato, e continuiamo a riflettere increduli sul delirio di giri e giravolte che per tre ore ci ha tenuti incollati alla banlieu parigina, senza riuscire ad individuare (nonostante cartine e controcartine) l'accesso alla nostra destinazione finale.
Abbiamo contattato tutti i marocchini disponibili (la banlieu appartiene solo a loro), vecchiette, ragazzine col chador, uffici, negozi: era tutto un farci girare e rigirare, e quando, ormai all'imbrunire, abbiamo finalmente trovato Le Bourget (paese non il parco) ed anche un grande cancello con scritto Exposition Canine, il cancello era rigorosamente chiuso, senza nessun'altra freccia che potesse condurci. Abbiamo cercato di girare intorno alla zona e ci siamo smarriti di nuovo. Il buio incombeva e la pioggia anche.
Mentre fermi ad un rondò ci sentivamo la versione moderna de "I Miserabili", si è accostato al camper una specie di zingaro, che mosso a pietà dal nostro evidente smarrimento, ci ha detto di seguire la sua macchina, che ci avrebbe condotti verso l'ingresso delle esposizioni.
Ad un certo punto lui ha deviato a destra, entrando in un campo nomadi attraverso un'apertura delimitata da due torri laterali ottenute con ammassi di immondizia, enormi bidoni cilindrici e rifiuti di ogni genere.
Noi, sebbene schifati, pur di non perdere la nostra guida (ed ormai unica speranza di salvezza), abbiamo cercato di seguirlo, anche a costo di forzare l’entrée della monnezza, che risultava evidentemente troppo stretta per il nostro camper, ma lo zingaro con grandi gesti di braccia, ci ha fatto capire che dovevamo proseguire a dritto per il nostro destino.
Ci siamo sentiti orfani.
A sinistra vedevamo una recinzione con dentro gli aerei, i campi e in lontananza qualche costruzione, ma di parchi nemmeno l'ombra, di cani neanche e nemmeno di cartelli indicativi dell'esposizione: gli unici tre che avevamo trovato li avevamo già persi da tempo.
Eravamo al confine con la notte. Romano continuava a guidare paziente e rassegnato; Mimma, spezzata dai cocenti insuccessi delle nostre giravolte, aveva esaurito le sue sicurezze quotidiane ed aveva enunciato un lapidario: ". ..e adesso siamo punto e daccapo…che si fa?".
A me da un po' di tempo si era timidamente affacciata l'idea che le Parc des Expositiones potesse anche non essere effettivamente un parco, ma soltanto il nome di un posto adibito a tale scopo e quando all'ennesimo rondò della disperazione ho visto scritto su di una facciata marrone a lettere cubitali "PARC DES EXPOSITIONES", mi è quasi mancata la voce nel segnalarlo, essendo già prossima al collasso, ed ho sentito ….un profumo di rose!
Al cancello di ingresso dell’aeroporto, quando abbiamo avuto la certezza che da lì potevamo entrare e dietro i grandi capannoni potevamo parcheggiare, Mimma quasi baciava il guardiano sotto la pioggia a dirotto, mentre il guardiano, per niente distratto dalle nostre effusioni di gioia per l'accoglienza che così generosamente ci offriva, ha tirato una bordata a Romano di 49 euro per quattro giorni di parcheggio, nel pantano e senza attrezzature, e di 8 euro per la terza visitatrice della mostra, cioè io.
Per tutta la notte la pioggia ha continuato ad infierire sul nostro piccolo guscio di noce, che ha resistito agli scrosci ed alle ventate con la fierezza di un caveau blindato...anche se un po' ondeggiante!
E domani Parigi!
Sabato 9 novembre 2002: Paris mon amour
Esci dalle scale del metrò e ti trovi davanti Nôtre Dame che si erge in tutta la sua ascesi verso il cielo, accarezzata ai fianchi dal tranquillo scorrere de la Seine.
Un attimo di smarrimento ti coglie di fronte alla severa maestosità dell'architettura ed al respiro della storia che emana dalla sua imponenza: noi piccoli umani che guardiamo memorie antiche di secoli, testimonianze silenti di atrocità, violenze, conquiste gloriose, deliri di onnipotenza.
Ci allontaniamo da Nôtre Dame costeggiando la Seine vers les Ponts de Paris: le Pont Neuf, le Pont des Artes ed apprezziamo il coraggio di coloro che, nonostante la pioggia, hanno optato per un giro lungo la Senna sur les bateaux mouc hes.
Notre Dame
Giriamo a destra vers les Halles, dopo una breve escursione à la Samaritane, un grande magazzino già addobbato per il Natale. Ammiriamo la struttura liberty del vecchio mercato e poi puntiamo a Rue de Rivolì, in cerca di Faubourg Saint-Honoré.
E' una passeggiata a piedi sotto una pioggerella sottile, ma che bagna.
Quello che cerco di scoprire è l'anima di Parigi e ci riesco.
Place René Cassin
Chiaramente non può essere una visita approfondita né alla città, né ai suoi musei, ma è la sua atmosfera che voglio cogliere: sa grandeur, oui c'est vrai, la Ville Lumière, oui c'est vrai, Paris est toujour Paris, oui c'est vrai, Paris vaut bien une messe, oui c' est vrai.
Il senso della storia e dei suoi fasti aleggia ancora nella vastità dei suoi spazi, fino alla ferocia del bagno di sangue della rivoluzione.
Dal Palais Royale (oggi Musèe du Louvre) à la Place du Carrousel, au jardin des Tuileries fino à la Place de la Concorde et aux Champs Elysées rivive la forza storica dei personaggi che la fecero grande e furono al tempo stesso l’espressione della sua grandezza: da Caterina dei Medici, a Louis XIV, a Napoléon, a De Gaulle, quando a capo di un corteo immane celebrò lungo lungo, francese francese, la fine della seconda guerra mondiale e l'inizio della nuova Grandeur
Palazzo di Giustizia
Battelli sulla Senna
A Place Vendôme entriamo nel salotto di lusso della città: suoni soffusi, sussurrati, movimenti composti, una corona di gioiellerie da mille e una notte impreziosisce le facciate dei suoi eleganti palazzi.
L'ostentazione sfacciata di tutto quel lusso mi dà una sensazione di malessere: finché ci sarà chi potrà permettersi di comprare quei gioielli d'inestimabile valore, quei brillanti grossi come ceci, ci sarà chi, da qualche altra parte del mondo, morirà disperatamente di fame.
Tanta ricchezza può esistere solo se sostenuta da una piattaforma di miseria senza speranza. L'equa distribuzione delle risorse non permetterebbe certi picchi o certi abissi.
Proseguiamo lungo rue Saint Honoré dove giustamente compriamo cioccolato e pralines.
La Tour Eiffel sulla sinistra della Place de la Concorde (così ribattezzata dopo gli orrori della ghigliottina) mi fa pensare alla mia famiglia in viaggio fra Inghilterra e Francia nell'agosto dell'85. Le mie ragazze nel fiore della giovinezza (17 e 15 anni), Alfredo in buona forma ed ancora attivo nella sua lotta contro il mondo ed un tramonto dorato che ci coloriva visi, denti e capelli, mentre protési, a labbra dischiuse, ammiravamo Parigi dall’alto della torre.
Adieu Paris mon amour, je ne sais pas si je pourrai te revoir encore dans ma vie!
Domenica 10 novembre 2002 Exposition Canine Européenne
Chi t’incontriamo appena messo il piede fuori dal dannatissimo cancello d’ingresso dell’Esposizione? Il genero del nostro avversario spagnolo. E due passi più in la? La moglie e la figlia.. o almeno così ho stabilito io, intessendo la rete di parentele sulla base di somiglianze dei tratti somatici, disciplina in cui mi vanto di essere molto versata.
Loro non danno cenno di riconoscerci, io quasi scoppio a ridere loro in faccia e do gomitate a Mimma che non li aveva ravvisati. Sembra una rimpatriata tra vecchi compari; ma dopo il primo imprevedibile incontro iniziale, ci perdiamo di vista per due giorni.
L’Expo canina è grandiosa, una fiera, una fiesta, una kermesse di uomini e cani, con musiche, canti, balli, corni e marsine da caccia, giocolieri e, poiché è domenica, anche la messa nel ring d’onore con i corni che ne sottolinea i vari momenti liturgici.
Cani, cani, cani: di tutti i colori, di tutte le misure, chiaramente di tutte le razze.
Occhi di cani, sguardi di cani, espressioni di cani, pazienti, rassegnate, attente, solerti, adoranti, buone. Innegabilmente buone, a volte stupite, a volte impaurite.
Guardo l'armonia delle loro linee, l'equilibrio delle loro dimensioni, la bellezza dei loro musi lunghi, rincalcati, rasati o gonfi di pelo, solcati da pieghe o rughe malinconiche che vorresti accarezzare, stiracchiare, baciare anche, tanto ti fanno tenerezza.
Sono l’élite della società canina, prigionieri di una bellezza che pesa, di una genealogia che li costringe a snervanti sedute di toilettatura, a tediose attese su tavolini o gabbie, a finti sonnellini senza riposo.
A lungo sosto di fronte ai rings delle agilities. Sento l'emozione che mi serra la gola a vedere la generosità con cui i cani, piccoli o grandi, obbediscono agli ordini dei loro addestratori, affrontando prove che normalmente li intimidirebbero.
Non sanno perché devono saltare attraverso il buco di un salvagente appeso ad un filo o salire su un asse di legno ad altalena che, arrivati al centro, si ribalta improvvisamente verso il basso, o zigzagare fra bastoncini posti in fila a poca distanza uno dall'altro. Non lo sanno perché, ma lo fanno: con tutto il loro slancio, il loro impeto gioioso.
Lo fanno per amore, per paura, per gioco? A volte accompagnano gli ordini urlati dai padroni con abbaii di partecipazione, che s’interrompono quando si accorgono di avere sbagliato e riprendono festosi quando, tornati sui propri passi, ripetono alla perfezione l'esercizio previsto.
Tanta abnegazione e tanta fatica offerte senza saperne il perché continuano a commuovermi, per questo mi accorgo, mentre mi dirigo verso altri rings, di avere gli occhi bagnati
Lunedì 11 Novembre 2002 Partenza ore 16,30 - Km 1340
La famiglia degli allevatori spagnoli stamani è al completo: padre, madre, figlia, genero ed anche nipote, bel tipo di spagnolo dalle lunghe ciglia ricurve che incorniciano, abbellendoli, dei profondi occhi scuri, di tipo arabo. Fu lui che disse a Mimma: "…see you in Paris!.." And here we are! Gli Spagnoli si sono portati una caterva di chihuahua, di tutti i colori, di tutte le età, di tutte le misure, ma al confronto di Gibilterra qui butta maluccio: vincono la categoria dei giovani, poi ottengono solo piazzamenti o plateali cacciate, come noi. Bonita non è stata presa neanche in considerazione, ma cacciata senza pietà perché troppo grossa: qui vincono i ragnetti francesi che tengono la coda tra le gambe.
Sembra che il terreno di gioco più propizio a Bonita possa essere la Svizzera o la Germania, dove sono in auge le femmine prosperose, larghe di fianchi e vaste di bacino, anche umane.
" …see you in Dortmund in May " ?… e va bè, però " ’un se ne pole proprio più! " come dice la mia cara Ersilia, il mio personaggio toscano della commedia " Varietà Varietà".
Fuggiamo dalla Expo con Mimma che dirama a tutti la notizia della sconfitta, con una verve tale che sembra quasi una vittoria: "..:..peggio per i giudici che non capiscono cosa perdono non premiando Bonita, peggio per loro che perdono l’occasione di premiare a livello europeo la femmina più meritevole... si tengano i loro ragnetti, le loro improbabili fattrici, minute e con la coda fra le gambe, noi la cagna più bella ce l'abbiamo e ce la teniamo, confidando sempre nella rivincita, stavolta sotto la bandiera tedesca, bandiera di un popolo che di fianchi larghi se ne intende, ovvia! ! !"
Siamo fuggiti dall 'Expo anche sotto la spinta du cabinet chimique pieno da tre giorni.
Immersi nella notte ci acquattiamo in una delle prime piccole piazzole di sosta dell ' autostrada. Questa volta rischiamo grosso: non facciamo neanche in tempo (per fortuna) ad iniziare, con la solita provata esperienza, le turpi operazioni di scarico, che ci si incolla dietro al camper la securité Autoroute, tutta lampeggiante e festosa.
Ci sentiamo morire: io sprofondo sotto il mio tavolino da scrittura. Mimma finge (o ce l'ha davvero ?) un'impellenza e si chiude nel bagno, Romano mostra impassibilità e resta al suo posto di guida.
«Avez vous besoin de secour, monsieur?». «No, no» bofonchia Romano guardando il buio dell'orizzonte: «Controler les pneumatiques, les pneumatici».
La Securité resta perplessa a guardare dentro, attraverso il finestrino, poco convinta della spiegazione, poi rientra lentamente nel camioncino che ha continuato a lampeggiare ed ammiccare tutto saltellante dietro di noi. Dopo qualche minuto ancora di sorveglianza sui nostri traffici, l'allegro camioncino della Securité Autoroute riprende la sua perlustrazione lungo l'autostrada.
Solo allora Mimma riaffiora dal bagno, io cerco di ridarmi un contegno e mi confermo nella certezza che il profumo di rose ci protegga.
Passato il primo attimo di sbandamento, riprendiamo la nostra tracotanza, tiriamo con feroce determinazione la manichetta dello scarico, annaffiamo il tutto di acque chiare e come biechi figuri dopo un reato, ci sollecitiamo a vicenda: «...via via via...vai vai... via di corsa!».
12 Novembre 2002 Partenza h. 9 - Km 1.556
Dopo una cena al grill francese in tutto simile alle pessime cene dei grill italiani ed una notte trascorsa nel parcheggio dello stesso grill, ripartiamo un po' incerti sul da farsi.
«Se dovevate andare in Francia a prendere l'acqua, potevate anche accontentarvi di quella italiana!»" ci telefona Roberto. Siamo feriti nell'orgoglio. «Però, visto che siete in Borgogna visitate Cluny, la più grande abbazia dell'antichità, che addirittura faceva concorrenza a San Pietro!» Incalza, snobbandoci un po'.
Non ce lo facciamo ripetere due volte: in men che non si dica imbastiamo un giro turistico di due giorni, che va dalla Bourgogne alla Savoie e comprende l’Abbaye de Cluny, Macon, Chambery, Aix-le-Bain ed Annecy.
Abbazia di Cluny
Macon
Incominciamo da Macon sur la Saône e da lì procederemo per Cluny. Quella che doveva essere solo una passeggiatina per le vie fiorite della cittadina, per qualche approvvigionamento alimentare (tipo croccanti baguettes e dolcetti locali) si trasforma in una pantagruelica mangiata di moules al Cafè Francais, un antico ristorante sul riposante e luminoso lungo fiume della Saône
Io non sapevo a cosa andavo incontro quando Mimma, rapita da un cartello che reclamizzava: «Moules et Frites», decide di mandare al diavolo baguettes e dolcetti ( o meglio conservarli per tempi futuri ) e di farsi una scorpacciata di cozze.
E così fu: e loro lo sapevano. Loro lo sapevano che le cozze arrivavano a catini interi, annegate in struggenti brodetti, arricchiti di cipolla tagliata ad anelli, prezzemolo ed erbe profumate di vario genere; loro lo sapevano, ma io no. Però ho imparato presto.
Quando è arrivato il mio catino e me l’hanno cortesemente posto sotto il naso, fumante ed appetitoso, dopo un primo istante di destabilizzazione e di strisciante sgomento, incoraggiata dall'urto aguzzo del «Bon appetit», tutto appuntito e risonante sulla " i " della giovane cameriera, mi sono messa all'opera. Il resto è venuto da solo: una cozza dietro l'altra innaffiate dalla salsetta bianca aromatizzata: divine!
Scivolavano nella mia gola con l'incedere lento, ma inesorabile del corso di un fiume, che non ha pace finché non sfocia nel mare: il mio mare è stato il fondo del catino. Nel centro del tavolino a ricevere i gusci vuoti della nostra libidine, un'enorme bacinella d'acciaio.
Dopo questa lotta impari, ma vittoriosa, con i catini, abbiamo raccolto le restanti forze ed abbiamo raggiunto l’Abbazia di Cluny.
I suoi resti ci hanno fortemente fatto rimpiangere di non poter più ammirare la sua antica imponenza, distrutta, o meglio smontata, durante il periodo di barbarie che seguì la rivoluzione francese. Il borgo ancora intatto è interessante e piacevole da girare: esistono ancora delle case romane, che sembrano abitate, e, per chi è in cerca di piacere più terreni, delle pâtisseries (supportate da un cospicuo numero di farmacie) con fontane di cioccolata, bonbons, pralines e pericolose dolcezze di ogni genere.
Poco lontano da Chambery ci acquattiamo per dormire in uno dei soliti distributori autogrill.
Mercoledì 13 Novembre 2002 Partenza h. 9 - Km 1.987.
Decidiamo di non visitare Chambery, ma di dirigerci subito a Aix-le-Bain e poi ad Annecy.
Aix-le-Bain era un centro termale fin dai tempi dei Romani ed Annecy è segnalato sulla carta come cittadina di grande interesse e bellezza.
E' rilassante vagabondare di mattina per stradine e piazze di Aix-le-Bain, fino a raggiungere la Piazza delle terme vecchie e nuove, con il grande albergo di lusso ed il tempietto di Diana.
Siamo en Savoie, ormai, ed i negozi offrono prodotti caratteristici sia alimentari che manufatti. Mimma ed io gradiamo sia gli uni che gli altri e scuriosiamo dappertutto; a Romano "nun gliene po' frega' di meno" e ci fa da battistrada, sperando che il suo esempio ci sospinga ad affrettarci, ma non riscuote molto successo, infatti cammina da solo.
Prima di ripartire ci prendiamo un buon caffè in una torrefazione caratteristica, con un giardino d'inverno sul dietro, allietato da voliere e piante.
Un tenero cielo celeste accompagna il nostro procedere da Aix-Ie-Bain ad Annecy, nell'alta Savoia. La campagna rischiarata da colori pastello è cosparsa di casettine dai tetti neri di ardesia, che sembrano disegnate come per un libro di fiabe di Perrault.
Le colline intorno sono morbide di linee e soffici di vegetazione. Il sole autunnale, a tratti ombreggiato da vaporose nuvole bianche, dà all'aria una trasparenza cristal1ina. Inverosimili gerani, ancora rigogliosi, allietano balconi e finestre, mentre cavoli in fiore bianchi e viola accendono di macchie di colore marciapiedi e fioriere, dislocate in punti studiati dell'arredo urbano.
In lontananza, i massicci di pietra bianca e bluastra delle grandi montagne alpine.
Annecy non delude le aspettative: è veramente una cittadina deliziosa attraversata da un piccolo fiume, abbellito da ponticiattoli, cascatelle, passaggi incrociati e con un isolotto nel centro, intricato di stradine e piazze, accompagnate da archi e volte sotto le quali si aprono negozi tipici e attraenti.
Abbiamo esplorato questo suo cuore antico in tutti i suoi angoli più sorprendenti, divertendoci a percorrere passaggi strettissimi e un po' misteriosi.
Alla Crêperie Brètonne ci siamo riposati gustando delle supreme crêpes salate e dolci, dagli accostamenti di sapori mai provati prima.
Annecy
Ci allontaniamo da Annecy, diretti verso l'Italia: un tramonto dai riflessi d'acciaio ci accompagna mentre costeggiamo il lago che, come la città, è incorniciato da una struggente corona di vette innevate. Passiamo il Frejus di sera senza problemi: di nuovo a casa!
Decidiamo di passare la notte fermandoci al primo grill sull'autostrada per Torino: quando mi sdraio nel mio loculo, sento a poca distanza da noi i muggiti di un carro bestiame.
Notte del 13/14 Novembre 2002
Mi odio e vi odio genere umano per questi lamenti che perforano la mia coscienza di ex vegetariana fallita, d'ipocrita animalista, di sdegnosa perbenista.
Un tramestio di zoccoli sulle assi del rimorchio, accompagnato da urla feroci per qualche sbandamento del carico, evidenzia la violenza perpetrata su quelle bestie indifese.
Via, parti, allontanati; via dalla mia notte, dal mio lecito riposo, dalla mia civiltà, dalla mia logica pulita, nitida, asciutta, leggiadramente immemore. "
"....ricordate che dietro le biblioteche, i teatri, le gallerie d'arte, gli incontri letterari, la poesia, ci stanno i macelli " è scritto né "La storia della civiltà" dei Durant: i macelli, con la loro sconfinata sofferenza, la loro incolta, primitiva brutalità.
Via dalla mia notte questa realtà di dolore: si allontani la motrice con un rimorchio, due, quattro, infiniti rimorchi a due piani, carichi di vittime stremate dal viaggio che magari osano abbattersi su1l'impiantito, squilibrando il carico. Non la voglio vedere né ascoltare questa mia coscienza che si è aperta come un baratro, sul magma di sangue su cui galleggia la mia civiltà.
Via dalla mia notte questo turbamento all'ordine prestabilito dalla mia specie pensante: non voglio sapere, non voglio pensare, non voglio ricordare: voglio delegare e dimenticare.
Se non fosse per questi muggiti che rendono spettrale la nostra ultima notte sull’autostrada, se non fosse per quegli occhi di giovani manzi ignari ed innocenti, resi ancora più teneri da un ciuffetto di riccioli chiari in mezzo alla fronte, che mi passarono davanti ieri, a Macon, proprio al termine della succulenta mangiata di moules: potrei.
Ma quegli occhi di manzi, caricati su di un camioncino aperto, che mi transitò davanti mentre ci stavamo compiacendo della nostra spanciata di cozze, mi fece ammutolire, ricordare e vergognare.
E' tutto così confuso dentro di me: mi sento in colpa perché divoro altri esseri viventi e poi sono la prima a comprare i bocconcini per i miei animali, guardo le scene di caccia nei documentari animalisti e parteggio sì per la preda, ma capisco anche le esigenze del predatore. Convivo male con la mia ipocrisia di bestia evoluta: a volte vorrei essere una preda io stessa, essere fatta fuori e farla finita una volta per tutte con i sensi colpa, con le deleghe, con le finte smemoratezze e le improvvise riprese di coscienza.
Via dalla mia notte carico di morte, spegni i tuoi muggiti in un silenzio gravido, simile ad un urlo cosmico, lascia che la mia coscienza si richiuda, si ricomponga nel suo assetto ipocrita e si conceda al giusto riposo delle coscienze per bene.
Giovedì 14 Novembre 2002 Partenza ore 9 - km 2.261
Mesto rientro
Il sonno del giusto non è calato su di me, nemmeno dopo che il carico di sofferenza, percepita al di là della sottile parete del camper, si è allontanato con i suoi vani muggiti.
Mi sono rigirata e rigirata dentro il tepore protettivo del mio loculo, finche la mattina è arrivata benigna, come una liberazione. Ascoltavo la pioggerella sottile, gelida, che picchiettava sul tetto del camper, mentre la notte da incubo mi pesava addosso come un macigno.
Sferzato dall'acqua e dal vento il carico di sofferenza inascoltata sarà ora arrivato a destinazione ed in breve il destino di quelle bestie si compirà ed i suoi esiti rimbalzeranno, artefatti e camuffati da succulente cotture, sulle nostre mense.
Tutta la nostra storia evolutiva è costruita su una crosta dura di violenza e dolore: alla caccia abbiamo sostituito l’allevamento, alla ricerca faticosa e solitaria del cibo abbiamo sostituito la pianificazione e sù sù, di sovrastruttura in sovrastruttura, fino alla tanto contestata globalizzazione ed al Mac Donald’s, passando per la piaga purulenta della vivisezione, che sì tanto aiuta la specie vincente che noi siamo, tanto salva, ha salvato, salverà i nostri bambini, ma quante torture spesso inutili, spesso eccessive, ha inflitto alle specie nostre schiave, torture mille volte più bieche dei macelli, perché reiterate e protratte nel tempo sugli stessi individui.
Copriamo l'orrore con le nostre belle farmacie, simili a salotti di lusso, le nostre belle strade illuminate a festa, le nostre vesti eleganti, i nostri prati fioriti, le nostre ville, il nostro lusso, insomma.
Diciamo che la vita è bella, ringraziamo i vari Dei per il dono della vita, compiacendoci di percorrerla con successo e di sentirci padroni del mondo, ma invece non sappiamo niente, niente. Né perché esiste questa realtà sulla terra, né che cosa è l'universo che ci circonda, né il perché di questo malessere di fondo che ci accompagna, seppure ovattato dai mille piaceri che ci siamo creati.
Stanotte la consueta invocazione notturna che rivolgo agli unici protettori che ritengo tali, i miei genitori, scaturiva dal profondo del mio ventre come un urlo senza suono, ma deflagrante."Mamma non mi abbandonare" è l'unica supplica notturna che mi dà la forza di continuare a vivere, giorno dopo giorno.
Io mi dibatto e annaspo in questa vita che mi appare così incomprensibile, trascino il peso di un corpo che m’ingombra e non ho Santi da pregare: invoco solo ogni notte che mi venga la forza di continuare da1l' amore totale ed incondizionato di chi si riprodusse in me e m’insegnò la via, all'inizio.
Appare così scontato l'amore dei genitori quando sono vivi ed è così cocente la sua mancanza quando non ci sono più. Spero di riuscire a lasciare alle mie figlie lo stesso ricordo d'amore che io conservo in me.
Ho comprato ad Annecy un cartoncino con una poetica frase sulla famiglia, intesa come rifugio, faro luminoso, come luogo d'amore. Me lo incornicerò e lo appenderò in cucina, tra tutti i miei pasticcetti e i ricordi di "fasti e successi teatrali".
A quest'ora il bestiame sarà in attesa o avrà già subito il suo destino. Il mio mi aspetta da qualche parte, in qualche tempo, imminente o remoto: sarà una malattia insidiosa, sarà un incidente brutale, sarà un assopirsi senza memoria, sarà un esaurirsi di forze, sarà una stanchezza mortale, sarà il compimento della seconda parte della mia supplica: "Mamma non mi abbandonare...o portami con te".
Fra poco saremo di ritorno a casa: si chiude cosi un altro "recuerda", un altro "rappelle-toi", un altro "non dimenticare".
Si non dimenticare: i sorrisi e le angosce, le gioie della conoscenza arricchita ed il trapanio perforante delle riflessioni.
Non dimenticare, che quest'occhiello di vita aperto sull'ignoto è l'unica realtà che ti è concessa: amala, godila, odiala, maledicila, piangila, agognala, soffrila, ma comunque vivila, con dignità e sensibilità.
Rappelle-toi
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