Il paesaggio protetto, proposta di un nuovo modello inclusivo della conservazione
Tu sei in:
home
→
aree naturali protette
→
classificazione delle aree protette
The Protected Landscape Approach (Approccio al Paesaggio protetto) è una modalità di gestione delle aree protette e del territorio in generale, che riconosce l’esistenza di un paesaggio e, a partire da una riflessione su ciò che questo implica in termini di percezione dell’ambiente e della vita, include la comunità come attore attivo della gestione. Questa idea è stata inserita in un nuovo paradigma per le aree protette, dove la comunità è un elemento centrale.
Nel contesto attuale è necessario conservare più aree protette, perché altrimenti la conservazione non avrà successo. Paradossalmente, la priorità passata di tutelare soprattutto le zone con “minor impatto dell’uomo” impedisce il recupero delle zone con “maggior impatto dell’uomo”, perchè allontanano la comunità e limitano la sua partecipazione al mantenimento degli ecosistemi e delle loro funzioni ecosistemiche.
Parole chiave: Paesaggio protetto, aree protette, conservazione, comunità.
The Protected Landscape Approach is a way of management protected areas and all territory en general, that values the existence of landscape and, considering the implications of ambiental perceptions and living experience, includes the community as an active actor of stewardship. This idea is the base of a new paradigm of protected area, where the community is a key element. Today it’s necessary to conserve the territory over the protected areas, because the conservation need it for success. Wilderness’ priority could hamper the recuperation of the most altered areas, which spatial and ecological contribution is important to preserve the ecosystems and their functions.
Key Words: Protected landscape, protected areas, conservation, community.
Introduzione: Approccio al paesaggio protetto / The Protected Landscape Approach
Relazione aree protette e comunità
Approccio al paesaggio protetto
Conclusioni
GUIDO COPPARI
Dottore forestale dell’Università di Padova, Italia; / Master in Aree Protette e Conservazione della Natura (c), Facoltà di Scienze Forestali, Università del Cile.
guidocoppari@yahoo.it
Forestry Engineer, University of Padua, Italy;/ Master of Protected Areas and Nature Conservation (c), Faculty of Forest Sciences, University of Chile.
guidocoppari@yahoo.it
Il paesaggio è stato interpretato in molteplici accezioni e in molte distinte discipline. Oggi, per il fatto di appartenere a un ambito trasversale, questo tema ha un grande potenziale, quale concetto di punta che mette le basi per uno studio interdisciplinare del territorio. Pertanto, rifererirsi al “paesaggio protetto” non significa fare una semplice giustapposizione di concetti, ma è anche una svolta in avanti che considera insieme l’esperienza del paesaggio e quella della protezione del territorio, riconoscendo la necessità di una visione globale per realizzare soluzioni a lungo termine.
Per quanto riguarda le strategie di conservazione, le aree protette rappresentano uno spazio privilegiato nel quale si focalizzano le azioni di gestione e pianificazione ambientale, comunque, i cambiamenti nel territorio su larga scala a livello spaziale e temporale non si limitano a queste zone e richiedono una visione più completa dell’ambiente naturale. In tal senso, le aree protette non sono isole ma piuttosto parte di una matrice, secondo i casi, naturale o modificata dagli esseri umani.
L’esistenza e l’efficacia di queste aree dipende dalla connettività dell’ambiente con le zone circostanti. Pertanto, la gestione deve includere il territorio modificato dalla comunità.
Se si analizzano le relazioni tre le aree protette e la comunità in tutto il XX e XXI secolo si evidenziano segni distinti, vale a dire la comunità è stata considerata una minaccia o un alleato. In primo luogo, la comunità umana è stata esclusa dalle aree protette, anche a costo dell’isolamento, per proteggere la biodiversità dalla pressione dell’attività umana.
I primi spazi protetti mondiali, comprese le aree protette cilene (e in Italia, il Parco Nazionale Gran Paradiso), adottarono come referenti il “modello Yellowstone”, riproducendo l’esempio dell’omonimo Parco Nazionale creato nel 1871, vale a dire ”mantenere un luogo incontaminato, senza alterare la sua “wilderness“ (1) ammettendo al suo interno visitatori ma non abitanti” (Brown et al., 2005).
Questa gestione è supportata dal postulato dell’equilibrio ecologico: “la natura è un sistema chiuso e in equilibrio”. Pertanto le aree protette, quali campioni rappresentativi di questa “terra selvaggia” o “wilderness”, “erano unità stabili, indipendenti e resistenti” (Sepúlveda et al., 1997). Questo modello è stato quello che ha prodotto il sistema dei parchi e delle riserve nazionali che oggi esistono in tutto il mondo. Però a partire dagli anni ’70, incominciò la critica alla precedente concezione insulare e autosufficiente delle aree protette, diffondendosi un approccio sistemico: “la natura è un sistema aperto, continuo e dinamico” (Pickett y Ostfeld, 1995).
E’ stato riconosciuto che le aree protette non debbono essere “aree protette di carta” (Brown y Mitchell, 2000), vale a dire, solo fittizie, in quanto “una volta stabilite per legge la loro efficacia è limitata senza modelli inclusivi di gestione, che si basino sulla partecipazione della comunità locale e nei paesaggi naturali non protetti in cui sono inseriti” (Borrini-Feyerabend, 1996).
Quindi la comunità è diventata un interlocutore attivo il cui contributo è essenziale per raggiungere gli obiettivi di conservazione.
L’attuale popolazione è in aumento e questo ha comportato l’occupazione degli spazi disponibili, oggi la specie umana ha completato l’espansione orizzontale, vale a dire “il mondo intero è in una qualche misura l’impronta della presenza umana” (Sanderson et al., 2002). Pertanto, la conservazione è possibile solo grazie a nuove strategie che coinvolgano la comunità umana, riconoscendo il suo ruolo attivo e l’esperienza di convivenza con la biodiversità che si è verificata in molto luoghi. Così nel V Congresso Mondiale dei Parchi a Durban, Sud Africa (UICN, 2003) è stata sostenuta una nuova idea di area protetta che sottolinea il ruolo centrale della comunità residente, denominata “Protected Landscape Approach” (Approccio al Paesaggio protetto).
Questo concetto, applica una visione della natura e della società come un insieme, giacchè “i paesaggi protetti sono paesaggi culturali che si sono co-evoluti con la società umana che li abita, e sono il punto di contatto tra la diversità culturale e biologica” (Brown et al., 2005).
Questo nuovo paradigma si differenzia in molteplici aspetti dal modello precedente: “la gestione è centrata più sui residenti che sui visitatori, integrando l’esistenza delle aree protette con le necessità della popolazione locale ed il valore culturale della natura; la percezione locale è inclusa nella gestione delle aree protette e le aree protette costituiscono una rete, dove le distinte categorie si integrano per una migliore connettività tra gli spazi protetti” (Phillips, 2003).
L’idea del paesaggio protetto ha molte importanti implicazioni operative. Nell’ambito di questo nuovo paradigma di area protetta si considera come spazio di conservazione non semplicemente quelle aree dove c’è una presenza rilevante della biodiversità, ma anche quelle aree in cui vi è stata una interazione storica con la comunità umana come le zone rurali. Questo non vuol dire semplicemente estendere le regole applicate alle aree protette ad altre zone, ma che si riconosce l’esistenza di un patrimonio naturale localizzato al di fuori delle aree protette e si responsabilizza la comunità includendola come attore dei cambiamenti.
La rete Natura 2000 (Direttiva Habitat 1992) è un esempio di applicazione di questo paradigma, la Comunità Europea ha esteso la gestione delle specie silvestri a tutti i loro habitat, comprendendo le zone rurali e costituendo una rete ecologica delle Zone di Speciale Conservazione (ZSC). Questa direttiva ha definito un elenco di habitat e specie la cui conservazione è prioritaria e gli Stati membri ed essi hanno identificato e circoscritto la presenza delle specie e habitat minacciati nel loro territorio. Il punto di partenza era che i paesaggi agricoli e le altre zone gestite dagli esseri umani hanno mantenuto nei secoli una presenza significativa della biodiversità, che è finita per essere connessa al tipo di utilizzo del territorio, quindi mantenere certi usi tradizionali della terra e della presenza di piccoli insediamenti umani riveste un ruolo importante in favore della gestione delle specie silvestri.
Il modello del Protected Landscape Approach riconosce una realtà storica: non c’è paesaggio senza l’uomo perché l’ubiquità umana ha portato la nostra impronta in quasi tutti i luoghi, e solo la vista dell’uomo qualifica come “paesaggio” e chiama paesaggio quello che era naturalmente solo territorio. “E non c’è uomo senza paesaggio perché abbiamo fatto di ciò, una reciprocità vitale” (Martínez De Pisón, 2005).
Pertanto, una delle sfide da affrontare in futuro è estendere il tipo di gestione delle aree protette a un ambito territoriale più vasto, rendendosi conto che in zone come, a esempio, la regione Mediterranea del Cile, non è possibile conservare gli endemismi presenti senza una visione di insieme che comprenda tutti i territori gestiti dall’uomo.
Il paesaggio protetto si presta per creare legami concreti tra la società e l’ambiente naturale, promuovendo una responsabilità verso il patrimonio naturale che non si limita alle aree protette, senza dubbio vi è un patrimonio naturale che abbiamo ricevuto e che dobbiamo gestire anche per le generazioni future.
guido copparidottore forestale
università di padova
master in aree protette e conservazione della natura
università del Cile
Borrini-Feyerabend G., 1996. Collaborative Management of Protected Areas: Tailoring the Approach to the Context. IUCN, Gland, Switzerland. 1-67p.
Brown J., Mitchell N., 2000. The Stewardship Approach and its Relevance for Protected Landscapes. In: The George Wright Forum. 17(1): 70-79 p.
Brown J., Mitchell N., Beresford M., 2005. The Protected Landscape Approach, linking Nature, Culture and Community. UICN, Gland, Switzerland, and Cambridge, UK.
Comisión Europea, 1992. Directiva Hábitat 92/43/CEE. Oficina de Publicaciones Oficiales de la Comunidad Europea, Luxemburgo.
Martínez De Pisón E., 2005. Significado cultural del paisaje. Publicacions del Centre Universitari Internacional Menéndez Pelayo de Barcelona (CUIMPB) III Seminari Internacional sobre Paisatge “Paisatges incógnits, territoris ocults: les geografies de la invisibilitat”, 13-14 i 15 de novembre de 2003, Barcelona, España.
Phillips A., 2003. Turning Ideas on Their Head: The New Paradigm of Protected Areas: Protected Landscapes. In: The George Wright Forum, 20 (2): 8-32 p.
Pickett S.T.A., Ostfeld, R. S., 1995. The shifting paradigm en ecology. In: A New Century for Natural Resources Management, Knight R.L Y Bates S.F. (Eds.), Washington, USA, Island Press. 261-278 p.
Primack, R., Rozzi R., Feinsinger P., 2001. Establecimiento de áreas protegidas. En: Primack R., Rozzi, R., Feinsinger, P., Dirzo R., Massardo F., Fundamentos de Conservación Biológica. Fondo de Cultura Económica, México, DF. 449-475 p.
Sanderson, E. W., Malanding, J., Levy M. A., Redford K. H., Wannebo, A. V., Woolmer G., 2002. The human Footprint and the Last of Wild. En: BioScience. 52 (10): 891-904 p.
Sepúlveda C., Moreira A., Villarroel P., 1997. Conservación biológica fuera de las áreas protegidas silvestres. En: Ambiente y Desarrollo, 13 (2): 48-58 p.
UICN, 2003. El Acuerdo de Durban. Congreso Mundial de Parques, 8-17 de septiembre de 2003, Durban, Sudáfrica.
Note
(1) Una zona incontaminata o wilderness in contrasto con quelle aree dove l’essere umano e la sua attività dominano il paesaggio, è riconosciuta come un’area in cui la terra e la sua comunità di esseri viventi non sono uniti all’essere umano, dove l’essere umano è un ospite che non rimane. Wilderness Act 1964.
REVISTA AMBIENTE TOTAL. ISSN 0717.9839. NUMERO 2, GENNAIO 2009