Arpie
Arpia, rilievo greco
Le Arpie nella mitologia greca sono secondo alcuni mitografi dei personaggi mostruosi nati da Poseidone e da Gea secondo Esiodo da Taumante ed Elettra oppure da Tifone ed Echidna. Si racconta che fossero delle creature alate, metà uccello e metà donna con le zampe provviste di robusti artigli.
La tradizione più consolidata vuole che fossero tre: Celeno, Ocipete ed Aello ma diverse autori ne citano molte di più.
Omero ne ricorda una sola, Podarge mentre Virgilio nell'Eneide scrive (Eneide III)
«(...) Altro di queste
Più sozzo mostro, altra più dira peste.
Da le tartaree grotte unqua non venne.
Sembran vergini a' volti; uccelli e cagne
A l'altre membra; hanno di ventre un fedo
Profluvio, ond'è la piuma intrisa ed irta;
Le man d'artigli armate, il collo smunto,
La faccia per la fame e per la rabbia
Pallida sempre, e raggrinzita e magra».
Arpie
Gustave Dorè, Illustrazione dell'Inferno di Dante, canto VII, Dante e Virgilio entrano nel bosco dei suicidi popolato dalle arpie.
Le Arpie rappresentavano la violenza della tempesta e perseguitarono l'indovino Fineo re di Salmidesso, per ordine di Era. Infatti il mito racconta che Fineo, per aver fatto accecare i figli avuti dalla prima moglie Cleopatra, falsamente accusati di molestare la seconda moglie del padre Idea, fu esso stesso condannato dagli dei ad essere cieco, a soffrire di eterna vecchiaia e che le Arpie sporcassero il suo cibo con i loro escrementi. Tutto questo fino a quando gli Argonauti non approdarono a Salmidesso. Infatti Fineo colse l'occasione e gli propose di indicargli la rotta che dovevano seguire in cambio della liberazione dalle Arpie. Fu così che gli Argonauti inseguirono le Arpie fino alle isole Strofadi dove, dopo averli supplicati di avere pietà, vennero relegate e mai più infastidirono Fineo.
Fonti bibliografiche
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