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Mito di Aracne

Aracne - Mito di Aracne
Particolare del Purgatorio, Divina commedia, canto XII
Illustrazione di Gustave Doré (1832 - 1883)
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Aracne, figlia del tintore Idmone, era una fanciulla che viveva nella città di Colofone, nella Lidia, famosa per la sua porpora. Era molto conosciuta per la sua abilità di tessitrice e ricamatrice in quanto le sue tele erano considerate un dono del cielo tanto erano piene di grazia e delicatezza e le persone arrivavano da ogni parte del regno per ammirarle.

Aracne era molto orgogliosa della sua bravura tanto che un giorno ebbe l'imprudenza di affermare che neanche l'abile , anche lei famosa per la sua abilità di tessitrice, sarebbe stata in grado di competere con lei tanto che ebbe l'audacia di sfidare la stessa dea in una pubblica gara.

Aracne - Trionfo di Minerva, Francesco del Cossa (1435 - 1478), Palazzo Schifanoia, Ferrara (Italia)
Trionfo di Minerva
Francesco del Cossa (1435 - 1478) , Affresco, Palazzo Schifanoia, Ferrara (Italia)

Atena, non appena apprese la notizia, fu sopraffatta dall'ira e si presentò ad Aracne sotto le spoglie di una vecchia suggerendo alla stessa di ritirare la sfida e di accontentarsi di essere la migliore tessitrice tra i mortali. Per tutta risposta Aracne disse che se la dea non accettava la sfida era perchè non aveva il coraggio di competere con lei. A quel punto Atena si rivelò in tutta la sua grandezza e dichiarò aperta la sfida.

Una di fronte all'altra Atena e Aracne iniziarono a tessere le loro tele e via via che le matasse si dipanavano apparivano le scene che le stesse avevano deciso di rappresentare: nella tela di Atena erano rappresentate le grandi imprese compiute dalla dea e i poteri divini che le erano propri; Aracne invece, raffigurava gli amori di alcuni dei, le loro colpe e i loro inganni.

Quando le tele furono completate e messe l'una di fronte all'altra, la stessa Atena dovette ammettere che il lavoro della sua rivale non aveva eguali: i personaggi che erano rappresentati sembrava che balzassero fuori dalla tela per compiere le imprese rappresentate. Atena, non tollerando l'evidente sconfitta, afferrò la tela della rivale riducendola in mille pezzi e tenendo stretta la spola nella mano, iniziò a colpire la sua rivale fino a farla sanguinare.

Aracne, illustrazione di Gustave Doré
Purgatorio, Divina commedia, canto XII
Illustrazione di Gustave Doré (1832 - 1883)

Aracne, sconvolta dalla reazione della dea, scappò via e tentò di suicidarsi cercando di impiccarsi a un albero. Ma Atena, pensando che quello fosse un castigo troppo blando, decise di condannare Aracne a tessere per il resto dei suoi giorni e a dondolare dallo stesso albero dal quale voleva uccidersi ma non avrebbe più filato con le mani ma con la bocca perchè fu trasformata in un gigantesco ragno.

Racconta Ovidio (Metamorfosi, IV, 23 e segg.):

«(...) Accetta Minerva la sfida ... la dea dai biondi capelli si corrucciò del felice successo e stracciò la trapunta tela che scopre le colpe dei numi e colpì con la spola di citoriaco bosso più volte la fronte di Aracne. Non lo patì l'infelice: furente si strinse la gola con un capestro e restò penzoloni. Atena, commossa, la liberò, ma le disse: - Pur vivi o malvagia, e pendendo com'ora pendi. E perchè ti tormenti nel tempo futuro, per la tua stirpe continui il castigo e pei tardi nepoti -. Poscia partendo la spruzza con sughi di magiche erbette: subito il crime toccato dal medicamento funesto cadde e col crine le caddero il naso e gli orecchi: divenne piccolo il capo e per tutte le membra si rimpicciolisce: l'esili dita s'attaccano, invece dei piedi, nei fianchi: ventre è quel tanto che resta, da cui vien traendo gli stami e, trasformata in un ragno, contesse la tela di un tempo» .

Dipinto di Arache, Paolo Veronese (1528 - 1588), palazzo Ducale, Venezia (Italia)
Aracne
Paolo Veronese (1528 - 1588), Palazzo Ducale, Venezia (Italia)

Scrive Dante Alighieri (Purgatorio, XII, 43-45):
«O folle Aragne, sì vedea io te
Già mezza ragna, trista in su li stracci
De l'opera che mal per te si fé».

Ragnatela con ragno

Ancor oggi, quando si vede un ragno tessere la sua tela, si ripensa alla sorte toccata alla tessitrice della Lidia condannata per il resto della sua vita a quel triste destino perchè aveva osato essere più abile di una dea.

Fonti bibliografiche

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